Salve a tutti!!!!!!!!!! Qst è la mia prima ff!!!!!!!!!! Spero vi piaccia!!!!!!!!!! Nn siate cattive XD......
nono, skerzo...parlate pure liberamente.............
ps, maggie.......grazie!!!!!!!!!!!ti dedico qst capitolo!!!!!!!!!!!!!!
Rating:per ora, verde(poi giallo e potrebbe,sottolineo il condizionale XXD,diventare rosso)
Genere:rosa, che domande???
Personaggi:tuttiiiiiiii
qst due locandine sn state realizzate dalla bravissima betterbeauty!!! grazie mille!!! voi quale preferite?
Primo Capitolo-Enigma-
Osservavo con sguardo malinconico il paesaggio californiano che sfilava via attraverso il finestrino abbassato:sole, mare, calore... niente, non c era proprio niente di tutto ciò dove stavo andando... c'era il nulla... e, soprattutto, c' era freddo...troppo freddo per una cittadina californiana come me. Eppure, quella di andarmene, di lasciare l'assolata california per -brr, tremavo solo a pensarci- la piovosa e tetra Forks, era stata una mia scelta... machiavellico? No. Niente affatto. Direi, piuttosto, maturo. Maturo ed altruista. Lo facevo per lei... per la persona che mi aveva fatto il più bello dei regali...la vita... si, era per mia madre che avevo preso questa decisione così difficile e sofferta. I miei genitori non stavano più insieme da una vita... solo che mia madre, al contrario di mio padre, una vita se l' era rifatta... con Phil. In effetti, lui era davvero un caro ragazzo, sempre gentile e accondiscendente, un bel tipo... si, carino... un pò troppo giovane per Reene-mia madre- ma era davvero un bravo ragazzo... però, era un giocatore di basket alla ricerca di una squadra e così mia madre, pur di non lasciarmi sola, non stava con lui quasi mai... e non era giusto, se si considera che erano sposini. Ecco perchè, sebbene odiassi Forks con tutta me stessa, avevo deciso di andare a stare per un pò da mio padre, Charlie. Ma non era lui il problema... certo che no... volevo bene a mio padre... ed ero a mio agio con lui... era Forks che non mi piaceva affatto... ma non c'era tempo per i ripensamenti... no, non più... era arrivato il momento di crescere, diventare donna e prendermi le mie responsabilità... avevo preso una decione,no? Bene, era giusto che la portassi fino in fondo...
<<ehi, tesoro, siamo arrivate>>
La voce di mia madre mi distrasse dalle mie cupe, farneticanti, insensate elucubrazioni mentali: eravamo all'aeroporto.
Annuii senza rispondere:sentivo un nodo in gola... mi sarebbe mancata mia madre... altrochè, se mi sarebbe mancata... già mi mancava.
<<kiara, se hai cambiato idea, possiamo...>>
Scossi la testa con decione:<<non ho cambiato idea, mamma. Parto.>> asserii con convinzione.
<<mi mancherai...>> sussurrò con un filo di voce mentre mi stringeva a sè.
Mi persi nel suo abbraccio, sperando di portare con me un pò del suo calore nella grigia e gelida Forks.
Poi, con una certa riluttanza, mi staccai da lei, e salii sull'aereo. Una volta rimasta sola, mi concessi un piccolo sfogo. Ma non fu nè lungo, nè particolarmente doloroso: non era ancora arrivato il momento della disperazione totale... e poi, perchè? Magari, mi sarei trovata bene... magari, avrei trovato dei nuovi amici... e magari... no, l'amore no... perchè qualcuno avrebbe dovuto interessarsi a me? Si, certo, non ero un ochetta, o una ragazzina frivola e sciocca... credevo in me, nella mia intelligenza. Un pò... ma non ero altrettanto soddisfatta del mio aspetto fisico... tutt'altro, non mi piacevo per niente... anzi, secondo me, non ero affatto bella... i miei occhi erano i più comuni del mondo:castani... erano grandi, certo, e profondi, ma nient'affatto magnetici... i capelli? castani anche quelli, con l'ombra di qualche riflesso ramato al sole.... ma qui non l'avrebbero certi notato... fisicamente ero piuttosto formosa, ma bassa... non arrivavo nemmeno al metro e sessanta... sospirai ancora, più rumorosamente stavolta, a tal punto che parecchi dei passeggeri si voltarono a guardarmi, alcuni preoccupati, altri infastiditi, altri soltanto curiosi. Li ignorai e mi ricomposi: basta, dovevo smetterla di fare la ragazzina... dovevo crescere...
Tra un pensiero e l'altro, arrivai. Trovai mio padre ad aspettarmi: non era cambiato granchè dall'ultima volta.
<<ciao, tesoro-mi abbracciò, affettuoso come sempre-fatto buon viaggio?>>
Annuii e sorrrisi. Silenziosamente lo seguii alla macchina.
<<ehm, Kiara?>>
<<dimmi, papà?>>
<<ti ho comprato una cosa... una sciocchezza... un regalo di benvenuto...>>
<<oh, papà... grazie... non avresti dovuto...>> dissi commossa, schioccandogli un bacetto sulla guancia.
<<figurati, cara...-si schermì lui-è una sciocchezza, davvero...>> ribadì.
La "sciocchezza" mi aspettava parcheggiata davanti casa... anche se, in effetti, quel termine non si adattava affatto alla deliziosa macchinina davanti a me. Piccola, come mi erano sempre piaciute, blu metallizzato. La adorai all'istante, quella Smart. Sembrava una scatoletta, ma a me piaceva da morire. Abbracciai mio padre e lo ringraziai di nuovo. Poi salii su per disfare i bagagli e farmi una doccia. Una telefonata di Renee mi trattenne in camera più del previsto. Quando tornai giù, scoprii che mio padre aveva ordinato una pizza. Mangiammo e chiacchierammo del più e del meno. Dopo cena, lui si spostò nel soggiorno per guardare la tele. Io, che mi ero offerta di sparecchiare, assolsi in fretta al mio compito, gli diedi la buonanotte e tornai su. Faceva un gran freddo, così tirai fuori una trapunta che aveva fatto per me mia madre. Un regalo di arrivederci, aveva detto, per non scordarmi di lei... non l'avrei potuta dimenticare in ogni caso...
Vedendo la coperta mi commossi e piansi, questa volta più a lungo. C'erano stampate sopra tutte le nostre foto più belle... era davvero stupenda... e, anche questa parola, non rendeva perfettamente l'idea. Mi misi sotto le coperte, concedendomi altri dieci minuti di sfogo. Poi, spossata dalla lunga giornata, piombai in un sonno profondo.
A svegliarmi fu il rumore della pioggia che batteva insistente e importuna sul vetro della finestra. Scesi giù a fare colazione. Poi feci una doccia, mi lavai i denti, mi vestii, presi lo zaino e uscì. Una volta fuori, rabbrividii, stringendomi nel mio giaccone pesante...a quanto pare non abbastanza. Salì sulla mia nuova macchina e misi in moto. Arrivata a scuola, mi resi conto di quanto fosse presto. Per fortuna, però, la segreteria era aperta. Così, entrai...
La segretaria era una simpatica e gioviale donnina di mezza età che mi diede parecchi fogli: l'orario, la piantina, volantini che pubblicizzavano vari corsi extra-scolastici, per lo più sportivi. Li appallotolai e li gettai via appena uscita: nello sport ero una frana, oltrechè una gran pigrona... no, lo sport non faceva affatto per me... e, di certo, non avrei cambiato idea solo perchè avevo cambiato città...
La scuola, intanto, si era riempita. Mi diressi svogliata e apatica verso la prima lezione del giorno: spagnolo.
<<ciao... tu sei Kiara?>>
Mi voltai: un ragazzo mi stava porgendo la mano con un sorriso... era il tipico biondino slavato che nei teen movie è inseguito e sospirato da metà-se non di più-delle ragazze del liceo. Bè, io non rientravo affatto in quella metà o più che fosse. Non mi piacevano particolarmente i biondi. Però, ciò non significava che non potevamo essere amici...
<<ciao...-lo salutai-si, sono Kiara... e tu?>>
<<mike...piacere>>
<<piacere mio>> replicai, ricambiando la stretta di mano.
<<vai a spagnolo?>> mi chiese sempre sorridendo.
Stava usando tutto il suo repertorio, ma con me non attaccava.... mi doveva "scattare" qualcosa dentro...ma forse ero solo un'illusa... ecco perchè non avevo un fidanzato... cioè, a Jacksonville qualcuno c'era stato, ma nulla di che...
Annuii, ricambiando il suo sorriso per pura cortesia.
<<anch'io...ti posso accompagnare?>> mi chiese, illuminandosi in un sorriso particolarmente affascinante... ma non per me...si, era carino, dovevo ammetterlo, ma dentro non sentivo assolutamente nulla... restavo fredda... come il ghiaccio.
La mattina corse via veloce e a mensa mi ritrovai allo stesso tavolo di Mike che mi aveva presentato tutto il suo gruppetto: c era Eric, il secchione, che avevo già avuto modo di conoscere durante la mattinata, poi Jessica, la chiacchierona, Lauren, la snob, Angela, che sembrava simpatica e anche un pò timida... e poi, altri ragazzi, di cui non ricordavo bene i nomi.
Sorridevo, parlando con tutti loro, rispondendo serenamente alle loro domande, quando accadde.
Non saprei spiegare ciò che provai, ma sicuramente posso dire che in me scattò qualcosa... eccome...
Era seduto ad un tavolo relativamente isolato, nel clamore della mensa. Non era solo. Accanto a lui c'erano altri quattro ragazzi, due femmine e due maschi... ed erano tutti così assurdamente belli da togliere il fiato... sembravano modelli, appena usciti dalle pagine di Vogue o scappati da qualche set fotografico. Erano tutti diversi tra loro, eppure simili. Ad accomunarli erano il pallore della pelle e delle strane occhiaie, più simili a ustioni, che a segni certi di una notte insonne.
Delle due ragazze, una era mora, con un visino dagli affascinanti e squisiti lineamenti simili a quelli di un elfo. Non sembrava essere molto alta.
L'altra era bionda, statuaria, da catalogo... mi sentì davvero orrenda al confronto.
I tre ragazzi, erano molto diversi tra loro: uno era alto, muscoloso... praticamente un colosso. I suoi capelli erao neri e lucidissimi. Il secondo era biondo, alto e muscoloso, ma un pò meno...
E poi, c'era... poi c'era lui...
Alto, muscoloso, capelli castano ramato... e gli occhi? com'erano gli occhi?
Si voltò a guardarmi, forse sentendosi osservato.
Quando i nostri sguardi s'incrociarono, trasalii e mi voltai svelta, arrossendo.
Neri. Gli occhi erano neri. Ossidiana. Ossidiana pura.
Ma non fu la bellezza irreale e magnetica del suo sguardo a farmi trasalire, ma piuttosto lo sguardo stesso.
Cupo. Accigliato. Quasi furioso.
Perchè?
Cosa gli avevo fatto di male?
Dovevo capire...
<<chi sono quelli?>> chiesi sottovoce a Jessica.
<<oh... quelli?>>finse una noncuranza che, lo sapevo, era ben lontana dal provare.
<<si. Quelli>>ribadii.
<<quelli sono i Cullen-sorrise appena-carini,vero?>>
Io annuì, completamente, svuotata, mentre lo sconosciuto mi fulminava nuovamente,inchiodandomi con i suoi occhi più neri della notte.
<<si, ma non stare a farti i film!-proseguì Jessica, spietata-Vedi, la moretta, Alice, sta con il biondino,Jasper... e la bionda,Rosalie, con l'altro,Emmet...>>
<<chi è Emmet?>> chiesi con un filo di voce.
<<quello con i capelli neri>> replicò lei
Stavo per mettermi a saltare dalla gioia.
<<e l'altro? Voglio dire...-biascicai imbarazzata-lui...?>>
<<lascia stare... quello è Edward Cullen e...bè...non esce con nessuna...non gli piace mai nessuna, in verità...>>
<<non capisco...fanno tutti e cinque Cullen di cognome...>>feci perplessa.
<<ehm... non sono fratelli... cioè, non biologicamente... la moglie del dottor Cullen credo non possa avere figli... così li hanno adottati...>>mi spiegò.
<<davvero un bel gesto...>>commentai, ma ero troppo distratta.
Quasi sobbalzai, quando lo sconosciuto mi lanciò la terza, penetrante, devastante occhiata di fuoco.
Jessica, fortunamente, non aveva notato nulla. E certo, pensai, non fa che parlare, parlare... ecco a quale categoria apparteneva:a quella delle pettegole.
Prima di uscire, notai un altro particolare:i cinque sconosciuti non avevano toccato cibo... chissa perchè???
Sospirai e mi diressi alla lezione del pomeriggio.
Biologia, una materia che non mi dispiaceva...
Una volta in classe, mi accorsi con mio gran sgomento nonchè imbarazzo, che l'unico posto libero era proprio vicino a...
Goffamente, mi sedetti al suo fianco. Lui si irrigidì, spostandosi il più lontano possibile, dall'altra parte del banco...
Ma perchè?
Cosa gli avevo fatto di male?
Avrei voluto chiederglielo, ma mi vergognavo troppo... e poi, non lo conoscevo affatto... inoltre, ero chiaramente attratta da lui, e questo non giocava affatto a mio favore.
Sospirando, mi sistemai i capelli sulle spalle.
Lui s'irrigidì ulteriormente, stringendo il bordo del banco con le sue mani bianche.
Quel ragazzo era proprio strano...
Strano e misterioso...
Ma io avrei svelato quell'enigma, prima o poi...
Quando la lezione finì, avevo preso la mia decisione: gli avrei chiesto delle spiegazioni... e lui me le avrebbe date... altrochè, se me le avrebbe date!
Mi accorsi, a metà tra stupore e dispiacere, che se ne era già andato...però, quant era veloce? io non l'avevo nemmeno notato...
Mike si offrì di accompagnarmi alla macchina. Accettai, ma non sentii una sola parola del suo discorso...
Ero via con la testa...
C'era posto solo per due occhi.
Neri.
Cupi.
Fulminanti.
Eppure magnetici.
Ipnotici quasi.
I suoi.
Si, io avrei svelato l'enigma di Edward Cullen.
Lo giurai a me stessa, mentre salivo sulla Smart e mi avviavo verso casa.
Edited by kyacullen2488 - 19/10/2008, 00:06