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Primo capitolo di Breaking Dawn!

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missH ~
CAT_IMG Posted on 12/7/2008, 15:45




Ecco il primo capitolo di Breaking Dawn, così potrete trovarlo più facilmente ^^ per commentare il capitolo andate qui

SPOILER (click to view)
1. FIDANZATA

Nessuno ti sta guardando, mi promisi. Nessuno ti sta guardando. Nessuno ti sta guardando.
Ma, dato che non riuscivo a mentire bene nemmeno a me stessa, decisi di controllare.
Mentre me ne stavo seduta aspettando che uno dei tre semafori della città diventasse verde, diedi una sbirciatina alla mia destra -nel suo minivan, la Signora Weber si era girata totalmente verso di me. I suoi occhi incontrarono i miei e mi ritrassi, chiedendomi perchè non avesse fatto cadere il suo sguardo o non fosse imbarazzata.
Era ancora considerato maleducato fissare le persone, o no?
Non valeva più con me?
Allora mi ricordai che quei finestrini erano così scuri che probabilmente lei non sapeva se ci fossi io dentro, e tanto meno che avessi incontrato il suo sguardo. Tentai di consolarmi dal fatto che lei non stava fissando me, solo la macchina.
La mia macchina. Sigh.
Guardai a sinistra e gemetti. Due pedoni erano immobili sul marciapiede, perdendo la loro occasione di attraversare la strada in quanto mi fissavano. Dietro di loro, il signor Marshall stava guardando attraverso la lastra di vetro del suo piccolo negozio di souvenir. Almeno non aveva schiacciato il suo naso contro il vetro. Non ancora.
Il semaforo diventò verde e, nella fretta di scappare, schiacciai con forza l’acceleratore senza pensare - nello stesso modo in cui avrei fatto per far sì che la mia vecchia Chevrolet[il pick-up] partisse.
Il motore ringhiò come una pantera a caccia, la macchina sbalzò in avanti così veloce che il mio corpo finì contro il sedile di pelle nera e il mio stomaco si appiattì contro la mia spina dorsale.
«Argh!.» boccheggiai, mentre cercavo il freno. Rimanendo lucida, toccai solamente il pedale. La macchina si mosse incerta fino a fermarsi del tutto.
Non sopportavo l’idea di dovermi guardare attorno per vedere le reazioni. Se ci fossero stati dubbi sul chi stesse guidando la macchina fino a poco prima, ora erano spariti. Con la punta della mia scarpa, schiacciai leggermente l’acceleratore di mezzo millimetro, e la macchina partì ancora una volta in avanti.
Riuscii a raggiungere la mia meta, il distributore di benzina. Se non fossi stata a secco, non sarei mai entrata in paese. Andavo in giro senza un po’ di cose in quei gironi, come …(?-manca) e i lacci per le scarpe, per evitare di passare del tempo in pubblico.
Come se fossi stata nel mezzo di una gara, aprii lo sportello, tolsi il tappo, passai la carta di scansione e inserii l’erogatore nel serbatoio in pochi secondi. Naturalmente non c’era niente che io potessi fare affinché i numeri sul distributore aumentassero il ritmo. Essi cambiavano lentamente, quasi come se lo facessero solo per farmi arrabbiare.
Non era una giornata luminosa - ma un tipico giorno freddo a Forks, stato di Washington - ma sentii comunque i riflettori puntati su di me, attirando l’attenzione sul fine anello che portavo sulla mia mano sinistra. In momenti come quello, percependo gli sguardi puntati sulla mia schiena, mi sembrava di sentire che l’anello vibrasse come una luce a neon: Guardami, guardami.
Era stupido esserne così consapevole, lo sapevo bene. Oltre a mio padre e mia madre, era davvero così importante quello che diceva la gente a proposito del mio fidanzamento? E a proposito della mia nuova macchina? E a proposito della mia misteriosa ammissione ad un college dell’Ivy League? E a proposito della mia lucente carta di credito nera che sentivo rossa nella mia tasca posteriore in quel momento?
«Ma sì, chi se ne frega di quello che pensano.» bofonchiai tra i denti.
«Ehm, signorina.» mi chiamò una voce maschile.
Mi girai e subito dopo mi augurai di non averlo fatto.
Due uomini stavano accanto ad un SUV eccessivamente decorato con un kayak nuovissimo legato sul tettuccio. Nessuno dei due guardava me, fissavano entrambi la macchina.
Personalmente non capii. Al contrario di loro, ero orgogliosa di distinguere i simboli della Toyota, della Ford e della Chevrolet. Quella macchina era di un nero lucido, elegante e graziosa, ma rimaneva sempre una macchina per me.
«Mi dispiace disturbarla, ma mi potrebbe dire che tipo di macchina sta guidando?» chiese il più alto dei due.
«Ehm, una Mercedes, giusto?»
«Sì.» disse educatamente l’uomo, mentre il suo amico più basso roteava gli occhi alla mia risposta. «Lo so. Ma mi chiedevo.quella è…sta guidando una Mercedes Guard?» L’uomo pronunciò il nome con riverenza. Ebbi come l’impressione che quell’uomo potesse andare d’accordo con Edward, il mio…il mio fidanzato (non c’era bisogno di evitare quella verità con il matrimonio da lì a pochi giorni). «Non dovrebbero essere ancora disponibili in Europa.» continuò l’uomo. «Tanto meno qui.»
Mentre i suoi occhi tracciavano il contorno della mia macchina - non mi appariva diversamente dalle altre berline Mercedes, ma che ne sapevo? - contemplai brevemente i miei problemi con parole come fidanzanto, matrimonio, marito, ecc.
Non riuscivo a metterle nella mia testa, tutto qui.
Da un lato, rabbrividivo ad ogni pensiero di un morbido vestito bianco e di un bouquet.
Ma più di questo, non riuscivo a conciliare lo stabile, rispettabile e monotono concetto di marito con il mio concetto di Edward. Era come assumere un arcangelo come contabile; non riuscivo a vederlo in quel ruolo comune.
Come sempre, non appena iniziai a pensare ad Edward, fui presa da un vertiginoso vortice di fantasie. Lo sconosciuto si schiarì la voce per catturare la mia attenzione: era ancora in piedi, aspettando una risposta sul modello della macchina.
«Non lo so.» gli dissi, sincera.
«Le da fastidio se faccio una fotografica con la macchina?»
Mi servì qualche secondo per cogliere quello che diceva. «Sul serio? Vuole scattare una fotografia insieme alla macchina?»
«Certo- nessuno mi crederà se non avrò le prove.»
«Uhm. Okay, va bene..»
Misi velocemente a posto l’erogatore e striscia sul sedile anteriore per nascondermi mentre l’uomo, entusiasta, tirò fuori una macchina fotografica professionale dal suo zaino. Lui e il suo amico fecero a turno per mettersi in posa davanti al cofano, e dopo si spostarono a fare foto alla parte posteriore.
«Mi manca il mio pick-up.» sussurrai a me stessa.
Molto, davvero molto conveniente - troppo conveniente- che il mio pick-up avesse tirato il suo ultimo respiro solo poche settimane dopo che Edward ed io decidessimo il nostro assurdo compromesso, di cui un dettaglio gli permetteva di sostituire il mio pick-up quando avesse smesso di funzionare[fosse trapassato]. Edward giurò che era del tutto aspettato, che il mio furgone aveva vissuto a lungo una vita piena e che era spirato per cause naturali. Secondo lui. E , naturalmente, non potei verificare la sua storia o provare a rianimare il furgone dalla morte per contro mio. Il mio meccanico preferito- bloccai quel pensiero freddo, vietandogli di arrivare ad una conclusione. Invece ascoltai la voce degli uomini fuori, attutite dalle paret della macchina.
«…l’hanno colpita con un lanciafiamme in un video su Internet. Non hanno nemmeno scalfito la vernice.»
«Certo che no. Puoi far passare un carro armato sopra questo gioiello. Non è roba in commercio per qualcuno qui. E’ stata progettata maggiormente per i diplomatici, i trafficanti di armi e di stupefacenti del Medio Oriente.»
«Pensi che sia una di loro?» chiese il più basso dei due a voce bassa. Abbassai la testa.
«Huh,» disse il più alto, «Forse. Non posso immaginare a cosa possa servire qui intorno un giubbotto antiproiettile da quattromila libbre e il vetro antimissile.»
Giubbotto antiproiettile. Quattromila libbre di giubbotto antiproiettile. E il vetro a prova di missili? Carino.
Che cosa era successo ai vecchi antiproiettili?
Bè, almeno aveva un pò di senso - se avevi uno spiccato senso dell’umorismo.
Non era che non mi fossi aspettata che Edward traesse vantaggio dal nostro accordo, gravando sulla sua parte così da poter dare di più di quando non avesse ricevuto. Avevo accettato così che lui potesse sostituire il mio furgone quando fosse stato necessario, ignorando che quel momento sarebbe arrivato molto presto, naturalmente. Quando fui costretta ad ammettere che il mio pick-up non era diventato altro che una natura morta in tributo alla Chevrolet nel mio spiazzo davanti a casa, capii che l’idea della sostituzione mi avrebbe probabilmente imbarazzata. Mi avrebbe fatta concentrare sugli sguardi e sui sussurri. Avevo ragione per quanto riguardava quello. Ma nemmeno nei miei pensieri più oscuri potevo prevedere che Edward mi avrebbe comprato due macchine.
La macchina “per prima”. Mi disse che era solo un prestito e mi promise che l’avrebbe riconsegnata dopo il matrimonio. Non aveva alcun senso per me.
Fino a quel momento.
Ha ha. Poiché ero un’umana così fragile, così tendente ad avere incidenti, cos vittima della mia stessa sfortuna, apparentemente avevo bisogno in una macchina resistente ad un carro armato per tenermi salva. Spiritoso. Ero sicura che lui e suo fratello si fossero divertiti parecchio per questa presa in giro alle mie spalle.
O forse, solo forse, una voce leggera sussurrava nella mia testa, non era solo presa in giro, sciocca. Forse era davvero preoccupato per te. Non sarebbe stata la prima volta che Edward esagerasse tentando di proteggerti.
Sospirai.
Non avevo ancora visto la macchina “per dopo”. Era nascosta sotto un lenzuolo nell’angolo più remoto del garage dei Cullen.
Probabilmente non era un giubbotto antiproiettile - perché non ne avrei avuto bisogno durante la nostra luna di miele. La futura indistruttibilità era uno dei tanti benefici che non vedevo l’ora di avere. I migliori vantaggi di essere un Cullen non erano macchine costose o impressionanti carte di credito.
«Hey.» mi chiamò l’uomo più alto, con le mani a coppa sul vetro nel tentativo di guardare dentro. «Noi abbiamo finito. Grazie mille.»
«Si figuri.» replicai, e mentre accendevo il motore e abbassavo -mai così lievemente- il pedale in basso mi innervosii.
Non importava quante volte avrei guidato per le strade familiari verso casa, ancora non riuscivo a far sparire i volantini bagnati di pioggia nello sfondo. Ognuno di essi, spillato ai pali del telefono e attaccato con il nastro adesivo ai cartelli stradali, era come uno schiaffo sulla mia faccia. Uno schiaffo sulla faccia ben meritato.
La mia mente fu aspirata indietro nel pensiero. L’avevo interrotto subito prima. Non potevo evitarlo percorrendo quella strada. Non con le immagini del mio meccanico preferito che mi apparivano davanti ad intervalli regolari.
Il mio migliore amico. Il mio Jacob.
I cartelli con scritto AVETE VISTO QUESTO RAGAZZO? non erano stati ideati dal padre di Jacob. Era stato mio padre, Charlie, ad aver stampato i volantini e ad averli sparsi per tutta la città. E non solo a Forks, ma anche a Port Angeles, Sequim, Hoquiam e Aberdeen e in ogni città della Penisola Olimpica. Si era anche assicurato che ogni centrale di polizia dello stato di Washington avesse gli stessi volantini appesi sul muro. La sua centrale aveva un’intera tavola di sughero che serviva per la ricerca di Jacob. Una tavola di sughero che era quasi vuota, il che era motivo della sua frustrazione e della sua delusione.
Mio padre era deluso non solo per la mancanza di risposte. Per di più era deluso con Billy, il padre di Jacob -e l’amico più caro di Charlie.
Per il non essere coinvolto nella ricerca del suo fuggitivo sedicenne da parte di Billy. Per il rifiuto di Billy di mettere i volantini a La Push, la riserva sulla costa che era la casa di Jacob. Per la sua rassegnazione alla scomparsa di Jacob, come se non ci fosse stato niente che potesse fare. Per le sue parole, «Jacob è cresciuto adesso. Tornerà a casa quando vorrà.»
Ed era frustato con me perchè ero dalla parte di Billy.
Nemmeno io non avrei messo i manifesti. Perché sia io che Billy sapevamo dov’era Jacob, approssimativamente, e sapevamo anche che nessuno l’aveva visto.
I volantini crearono il solito nodo alla gola, le solito lacrime pungenti sui miei occhi, e fui grata che Edward fosse via per la caccia quel Sabato. Se Edward avesse visto la mia reazione, mi avrebbe solo fatto sentire peggio.
Naturalmente il Sabato portava svantaggi. Non appena svoltai lentamente e cautamente nella mia via, vidi la macchina della polizia di mio padre nella strada di casa nostra. Aveva saltato la pesca anche oggi. Era sempre imbronciato per il matrimonio.
Così non potevo usare il telefono dentro casa. ;a dovevo chiamare…
Parcheggiai nello spiazzo vicino alla scultura della Chevrolet e tirai fuori da uno degli scompartimenti il cellulare che Edward mi aveva dato per le emergenze. Composi il numero, tenendo il mio dito sul tasto rosso mentre il telefono squillava. Solo nel caso. «Pronto?» rispose Seth Cleahwater, e sospirai sollevata. Ero troppo codarda per parlare con la sua sorella maggiore, Leah. La frase “staccami la testa” non era solo un modo di dire se si trattava di Leah.
«Ciao Seth, sono Bella.»
«Oh, ciao Bella! Come va?»
Confusa. Disperata per essere rassicurata. «Bene.»
«Hai chiamato per un aggiornamento?»
«Sei un indovino.»
«Non molto. Non sono Alice - sei tu che sei prevedibile.» mi prese in giro. Nel gruppo dei Quileute di La Push solo Seth riusciva a chiamare i Cullen con il loro nome, e tanto meno di ridere a proposito della mia quasi onnisciente futura sorellastra.
«Lo so che lo sono.» esitai per un minuto. «Come sta?»
Seth sospirò. «Come al solito. Non vuole parlare, anche se sappiamo che ci sente. Sta tentando di non pensare come un umano, capisci. Vuole solo seguire gli istinti.»
«Sai dov’è adesso?»
«Da qualche parte nel nord del Canada. Non posso dirti in quale provincia. Non fa molto caso ai confini nazionali.»
«Qualche indizio che potrebbe…»
«Non tornerà a casa,Bella. Mi dispiace.»
Inghiottii a fatica. «Va tutto bene, Seth. Lo sapevo già da prima di chiederelo. Non posso fare a meno di sperarci.»
«Sì. La pensiamo tutti così.»
«Grazie per sopportarmi, Seth. So che gli altri stanno passando un brutto momento.»
«Non sono i tuoi più grandi fan.» concordò, allegro. «Sono ingenui, almeno credo. Jacob ha fatto le sue scelte, tu le tue. Jake non ama il loro comportamente riguardo a questo. Ovviamente non è certo eccitato dal fatto che tu lo continui a cercare.»
Boccheggiai. «Pensavo non ti parlasse?!»
«Non può nascondersi da noi, anche se ci sta provando.»
E così Jacob sapeva che ero preoccupata. Non ero certa di come dovevo sentirmi a proposito. Almento sapeva che non ero scomparsa all’orizzonte e che l’avevo dimenticato totalmente. Doveva aver pensato che ero capace di fare una cosa simile.
«Immagino che ci vedremo al…matrimonio.» dissi, facendo uscire la parola con sforzo dai miei denti.
"sì, mia madre ed io ci saremo. E' stato carino da parte tua invitarci"
Sorrisi all'entusiasmo della sua voce. Sebbene invitare i Clearwaters fosse stata un'idea di Edward, ero grata che ci avesse pensato. Avere Seth là sarebbe stato carino -- un collegamento tenue, al mio testimone mancante. "Non sarebbe lo stesso senza di voi"
"Salutami Edward, ok?"
"Certo".
Scossi la testa. L'amicizia che era scaturita tra Edward e Seth era qualche cosa che ancora faceva trasalire la mia mente. Era una prova, tuttavia, che le cose non dovevano essere così. Che licantropi e vampiri potevano andare d'accordo più che bene, grazie mille, se fossero stati tutti di quell'idea.
Non a tutti piaceva quell'idea.
"Ah", disse Seth, la sua voce si alzo di un'ottava. "Er, la casa di Leah."
"Oh! Ciao!" il telefono si fece muto. Io lo lasciai sul sedile e mi preparai mentalmente ad entrare a casa, dove Charlie stava aspettando.
Il mio povero papà aveva così tanto con cui vedersela in questo momento.
Jacob-il fuggitivo era solo uno dei pesi sulle sue sovraccariche spalle.

Era piuttosto preoccupato per me, la sua figlia appena maggiorenne che stava quasi per divenire una signora da lì a pochi giorni. Attraversai lentamente la pioggia leggera, mentre ricordai la notte in cui glielo avevamo detto...
Mentre il rumore dei passi di Charlie ne annunciavano il ritorno, l'anello pesò improvvisamente cento libbre sul mio dito. Volevo spingere la mia mano sinistra in una tasca, o forse sedermici sopra, ma Edward mi afferrò con una presa ferma e lo mantenne davanti e al centro.
"Smetti di agitarti, Bella. Per favore tenta di ricordare che non stai confessando un omicidio qui."
"fai presto a dirlo tu"
Io ascoltai il suono di malaugurio degli stivali di mio padre camminare sul pianerottolo. La chiave girò nella porta già aperta. Il suono mi ricordò quella parte del film quando la vittima realizza di aver dimenticato di chiudere a chiave la serratura...
"Calmati, Bella", Edward bisbigliò, ascoltando l'accelerazione del mio cuore. La porta sbattè contro il muro, ed io mi ritirai come fossi stata scoperta.
"Hey Charlie" Edward lo salutò completamente rilassato.
"No" bisbigliai con un filo di voce.
"Cosa?" Edward bisbigliò di nuovo.
"Aspetta fino a che riponga la sua pistola!" Edward ridacchiò e passò la mano libera tra i suoi capelli di bronzo in disordine.
Charlie uscì dall'angolo, ancora nella sua uniforme, ancora armato, e tentò di non assumere alcuna espressione mentre ci guardava di tanto in tanto seduti nel nostro angolo d'amore. Ultimamente, ce la stava mettendo tutta sforzandosi di farsi piacere di più Edward. Ovviamente, questa rivelazione stava per porre di certo fine a quello sforzo, immediatamente.
"Hey ragazzi. che si dice?"
"Vorremmo parlarti" disse Edward "abbiamo buone notizie"
L'espressione di Charlie passò dalla cordialità tesa all'oscuro sospetto in un secondo.
Buone notizie?" Charlie ringhiò, guardando diritto verso di me.
"Siediti papà"
Lui sollevò un sopracciglio, mi fissò per cinque secondi poi inciampò alla sedia reclinabile e si sedette, dritto sulla schiena.
Non pensare chissà cosa", dissi dopo un momento di silenzio denso. "E' tutto ok." Edward fece una smorfia, ed io seppi che era in obiezione alla parola "ok" . Lui probabilmente avrebbe usato qualche cosa più come "meraviglioso" o "perfetto" o "glorioso."
"Certo, tutto ok , Bella, certo che lo è! Se tutto va così alla grande, perché stai gocciando di sudore?"
"Io non sto gocciolando di sudore!", mentii.
Mi sottrassi al suo cipiglio fiero, rannicchiandomi contro Edward, e mi passai istintivamente il dorso della mia mano destra sulla mia fronte per rimuovere le prove.
"Sei incinta!" Charlie esplose "sei incinta vero?"
Sebbene la domanda probabilmente fosse diretta a me, stava folgorando Edward in quel momento e potrei giurare che vidi la sua mano contorcersi verso la pistola.
"No! certo che non lo sono!" Volevo prendere a gomitate Edward nelle costole, ma sapevo che quella mossa mi avrebbe procurato solo un livido.
Avevo detto ad Edward che le persone sarebbero saltate immediatamente a questa conclusione! Per che altra possibile ragione le persone sane avrebbero progettato di sposarsi a diciotto anni? (La sua risposta mi fece alzare girare gli occhi). Di solito era ben evidente sul mio viso quando dicevo la verità, e lui ora mi credeva.
"Oh. scusa..."
"Scuse accettate."
Ci fu una lunga pausa. Dopo un momento realizzai che tutti stavano aspettando che dicessi qualcosa.Guardai Edward, in preda al panico. Non c'era alcuna possibilità che riuscissi a dire qualcosa. Lui mi sorrise, poi raddrizzò le sue spalle e si rivolse a mio padre.
"Charlie, comprendo di non aver fatto le cose in ordine. Tradizionalmente, avrei dovuto chiedere prima a te. Non intendo mancarti di rispetto, ma siccome Bella ha già detto di sì ed io non voglio scemare la sua scelta in questa questione, invece di chiederti la sua mano, ti sto chiedendo la tua benedizione. Noi ci sposiamo, Charlie. Io l'amo più di qualsiasi cosa al mondo, più della mia stessa vita e, per qualche miracolo, anche lei mi ama allo stesso modo. Ci darai la tua benedizione?"
Lui sembrò così sicuro, così calmo. Per solo un istante, ascoltando la sicurezza assoluta nella sua voce, sperimentai un momento raro di acume. Potevo vedere, fugacemente il modo in cui il mondo guardava lui. Per la lunghezza di un battito cardiaco, queste notizie ebbero perfettamente senso.
E poi mi accorsi dell'espressione sul viso di Charlie, i suoi occhi ora erano inchiodati sull'anello.
Trattenni il respiro mentre la sua pelle cambiava colorito, da normale a rosso, da rosso a porpora, da porpora a blu, cominciai ad allarmarmi. Non sono sicura di come stessi pianificando di agire, usare la mossa di Heimlich per assicurarmi che non stesse soffocando. ma Edward strinse la mia mano e mormorò
"Concedigli un minuto" così piano che solamente io riuscii a sentire.?Il silenzio durò molto più lungo questa volta. Poi, gradualmente, ombra dopo ombra, il colore di Charlie tornò normale. Le sue labbra si incresparono, ed i suoi sopraccigli si corrugarono ; Io riconobbi la sua "intento in un pensiero" espressione. Ci studiò per un lungo momento, ed io sentii Edward rilassarsi al mio fianco.
"Credo di non essere molto sorpreso",borbottò Charlie. "Sapevo che avrei dovuto fare i conti abbastanza presto con qualche cosa del genere."
Io esalai.
"Ne sei sicura?" Charlie richiese, fissando me.
"Io sono certa al cento per cento di Edward", gli dissi senza battere ciglio.
"Di sposarti, quindi? Che fretta c'è?" Mi guardò di nuovo sospettoso.
La fretta era dovuto al fatto che io mi avvicinavo ai diciannove anni ogni schifoso giorno, mentre Edward restava congelato in tutta la sua perfezione di diciassettenne. Non che associassi questo fatto al matrimonio, ma il matrimonio era una richiesta tassativa al delicato e articolato compromesso che Edward ed io avevamo fatto arrivare a questo punto, il margine di qualunque trasformazione da mortale ad immortale.

Queste non erano cose che potevo spiegare a Charlie.
"Ce ne andremo a Darthmouth insieme in autunno, Charlie," Gli ricordò Edward
" Mi piacerebbe farlo , beh, nel modo giusto, E' come sono stato cresciuto." Alzò le spalle.
Non stava realmente esagerando; erano stati dei sostenitori dei vecchi valori durante la prima Guerra Mondiale.
La bocca di Charlie si piegò da un lato. Cercando un motivo per cui poter discutere. Ma cosa avrebbe potuto dire? Preferirei che viveste nel peccato prima? Lui era un papà; aveva le mani legate.
"Lo sapevo che stava per succedere", lui mormorò fra sè, aggrottando le ciglia. Poi, improvvisamente, la sua faccia si fece perfettamente calma e inespressiva.
"Papà?"Lo chiamai ansiosa, gettai uno sguardo ad Edward, ma non riuscivo a leggere la sua espressione, o la maniera in cui lui guardava Charlie.
"Ah!!" Charlie esplose. Io saltai sul mio posto. " Ah!, ah!, ah!!"
Fissai incredula Charlie ridere sempre di più, tutto luccicare gli occhi di amore. Lo sguardo torvo di Charlie si rischiarì.
Fissai incredula Charlie ridere sempre di più, il suo corpo si scuoteva mentre rideva.
Guardai Edward per avere una traduzione, ma Edward aveva le labbra chiuse ermeticamente, come se stesse tentando di trattenere una risata.
"Ok bene", Charlie crollò. "Sposatevi." Un altro rotolo di risata lo scosse."Ma...."
"Ma cosa?" domandai.
"Ma devi dirlo tu alla mamma! Non dirò una parola a Renee! Sta a voi!" scoppiò in forti risate sguaiate.
Feci una pausa con la mano posata sul pomello, sorridendo. Sicuro, per questa volta, le sue parole mi avevano terrorizzato. L'ultimo decreto; dirlo a Renée. Il matrimonio precoce occupava nella lista del suo quaderno nero, un posto più alto anche rispetto a bollire cuccioli vivi.
Chi avrebbe potuto prevedere la sua risposta? Non io. Certamente non Charlie. Forse Alice, ma io non avevo pensato di chiedere a lei.
"Bene, Bella", aveva detto Renée dopo che avevo preso fiato e avevo balbettato le parole incredibili: "Mamma, io sto per sposare Edward."
"Sono un pochino infastidita dal fatto che tu abbia aspettato così a lungo a dirmelo. Solo i biglietti aerei diventaranno più costosi. Ooohh.," cominciava ad agitarsi, "pensi che Phil si sarà tolto il gesso per allora? rovinerà le fotografie se non sarà in un smoking - "
"Frena, mamma." dissi sbalordita. "Che intendevi dire con aspettato così a lungo? mi sono..." - non mi riusciva di tirar fuori la parola fidanzata - ,abbiamo deciso, beh sai, oggi."
"Oggi? Sul serio? Che sorpresa. Io credevo...-
"che cosa hai creduto? Che cosa hai creduto?
"Beh, quando sei venuta a farmi visita ad aprile, sembrava che le cose fossero già piuttosto messe insieme, se capisci quello che io voglio dire. Non sei molto difficile da leggere, tesoro. Ma io non dissi nulla perché sapevo che non avrebbe portato a nulla di buono. Sei esattamente come Charlie." sospirò, rassegnata. "Una volta che decidi, non c'è alcuna possibilità di ragionare con te. E di sicuro, proprio come Charlie, resti attaccata alle tue ragioni."
"Non stai commettendo i miei errori, Bella. Mi sembra che tu sia scioccamente spaventata, ed penso che sia perchè hai paura di me." Stava ridendo divertita. "Di quello che penserò. Ed so di aver detto molte cose sul matrimonio e sulla stupidità-e non me lo sto rimangiando- ma tu hai bisogno di comprendere che quelle cose si riferivano esplicitamente a me. tu sei una persona completamente diversa da me. Fai il tuo genere di errori, e sono sicura che avrai la tua parte di rimpianti nella vita. Ma l'impegno non è mai stato il tuo problema, tesoro. Tu hai più probabilità di far funzionare le cose della maggior parte dei quarantenni che conosco." Renée stava ridendo di nuovo. "La mia piccola bambina già grande. Fortunatamente, sembra che tu abbia trovato un'altra anima adulta."
"Non sei...arrabbiata? Non pensi che stia commettendo un colossale errore?"
"Bhe certo avrei preferito che avessi aspettato qualche altro anno. Voglio dire ti sembro abbastanza vecchia per diventare una suocera? Non rispondermi. Questo non riguarda me , riguarda te. Sei felice?"
"Sì, ma.."
"Vorrai mai qualcun altro?"
"no, ma.."
"Ma, cosa?"
"Ma non stai per dire che sono esattamente come ogni altra adolescente infatuata dall'alba dei tempi?"
"Non sei mai stata un'adolescente, tesoro. Sai cosa è meglio per te."
Durante quelle ultime poche settimane, Renee si immerse inaspettatamente nei preparativi per il matrimonio. Ogni giorno passava ore al telefono con la madre di Edward, Esme- nessuna preoccupazione sul se i suoceri vadano daccordo. Renee adorava Esme, ma d'altra parte non avevo dubbi sul fatto che chiunque avrebbe risposto in quel modo alla mia adorabile quasi suocera.
Mi tagliarono fuori. La famiglia di Edward e la mia famiglia stavano prendendosi cura delle nozze insieme, senza bisogno che io mi stancassi a fare , sapere o pensare troppo riguardo il tutto.
Charlie era furioso, chiaramente, ma la parte positiva era che lui non era furioso con me. Renée era la traditrice. Lui aveva contato su di lei perchè facese la parte della cattiva.
Cosa poteva fare ora, quando la sua ultima minaccia, dirlo a mamma, era risultata essere improvvisamente un buco nell'acqua?
Non gli restava altro, e lo sapeva. Quindi girovagava in giro per casa, mentre mormorava frasi sul non essere in grado di fidarsi di nessuno a questo mondo...
"Papà?" chiamai mentre aprii la porta si casa. "Sono a casa."
"Aspetta un attimo, Bells, resta lì."
"huh?" Chiesi, fermandomi automaticamente.
"dammi un secondo. Oh! mi hai incastrato, Alice."
Alice?
"Scusa, Charlie", la voce melodiosa di Alice rispose, "Come va?"
"Ci sto sanguinando sopra."
"Stai bene. Abbia fiducia in me."
"Che sta succedendo?" chiesi, esitando sull'entrata.
"Trenta secondi, per favore Bella", Alice mi disse. "La tua pazienza sarà ricompensata."
"uffa!",aggiunse Charlie.
mi misi in marcia, contando ogni colpo prima di arrivare al nostro soggiorno.
"Oh", bisbigliai. "wow. Papà. Sembri -"
"Sciocco?" Charlie interruppe.
"Stavo pensando più a 'cordiale'" Charlie arrossì. Alice prese il suo gomito e lo accompagnò in un giro su se stesso lento per mostrare lo smoking grigio e pallido.
"Ora me lo tolgo, Alice. Sembro un idiota."
"Nessuno vestito da me è mai sembrato un idiota."
"Ha ragione, Papà. sei favoloso! Quale è l'occasione?
Alice alzò gli occhi. "È la prova generale del vestito. Per tutti e due."
Distolsi il mio sguardo fisso dall' insolitamente elegante Charlie per la prima volta e vidi il temuto vestito bianco nella custodia posato con cura sul divano.
"Aaah."
"Va nel tuo nido felice, Bella. Non ci vorrà molto tempo."
Presi un respiro profondo e chiusi i miei occhi. Tenendoli chiusi, inciampai come al mio solito salendo le scale che portavano alla mia camera.Mi spogliai e restai in biancheria intima e tenni le braccia diritte aperte in fuori.
"Penseresti che ti voglia spingere arnesi per fendere il bambù sotto le tue unghie", Alice mormorò tra sè mentre mi seguiva in camera.
Non le prestai alcuna attenzione. Io ero nel mio luogo felice.
Nel mio luogo felice, la confusione del matrimonio era completamente svanita, finita.Alle mie spalle. Già repressa e dimenticata.
Eravamo soli, solo Edward ed io. Lo scenario era confuso e in continuo cambiamento, che spaziava dalla foresta nebbiosa alla nuvole, dalla città coperta di nubi alla notte artica, perché Edward stava tenendo l'ubicazione della nostra luna di miele un segreto per sorprendermi. Ma io non ero interessata in modo particolare riguardo al "dove".
Edward ed io eravamo insieme, ed io avrei adempiuto perfettamente alla mia parte del nostro compromesso. Lo avrei sposato. Che era la parte più impegnativa. Ma avevo accettato anche tutti i suoi regali oltraggiosi mi ero iscritta, per quanto futilmente, per frequentare l'Università di Dartmouth in autunno. Ora toccava a lui.
Prima di trasformarmi in un vampiro, la sua grande concessione, lui aveva un'altra condizione essenziale di cui doveva tener conto.
Edward aveva una maniera ossessiva di preoccuparsi riguardo alle cose umane che io avrei abbandonato, le esperienze che lui non voleva perdessi. Ma c'era solamente un'esperienza a cui non avrei rinunciato. Ovviamente lui era l'unico che desiderava me ne dimenticassi.
Tuttavia, le cose stavano così. Sapevo cosa sarei diventata quando tutto sarebbe finito.
Io avevo visto vampiri "appena nati" di prima mano, ed avevo sentito tutte le storie della mia futura famiglia circa quei primi giorni selvatici. Per molti anni, il tratto più accentuato della mia personalità sarebbe stata la "sete". Ci sarebbe voluto un pò di tempo prima che potessi essere di nuovo me stessa. Ed anche quando avrei ripreso il controllo di me stessa, non mi sarei mai sentita esattamente nel modo in cui mi sentivo ora.
Umana e appassionatamente innamorata.
Volevo l'esperienza completa prima di scambiare il mio caldo, fragile corpo, trivellato da feromoni con qualcosa di bello, difficile... ed ignoto. Volevo una vera luna di miele con Edward. E, a dispetto del pericolo in cui lui temeva questo mi avrebbe messa, era stato d'accordo a tentare.
Ero solo vagamente consapevole di Alice e dello infilare e scivolare del raso sulla mia pelle. Non mi interessava, per il momento, che l' intera città stesse parlando di me. Non pensavo allo spettacolo di cui avrei dovuto essere protagonista da lì a pochissimo tempo. Non mi preoccupavo di inciampare lungo il mio cammino o di ridere scioccamente al momento sbagliato o di essere troppo giovane o del pubblico che mi fissava e nemmeno del posto vuoto dove avrebbe dovuto essere il mio migliore amico.
Ero con Edward nel mio luogo felice.




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