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MOONLIGHT RAINBOW, Collana: A cena col Vampiro

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*Nereide*
CAT_IMG Posted on 1/8/2009, 11:00




CITAZIONE
Tieni conto che man mano andando avanti ho messo a punto vari dettagli...

ecco perche!!!

Cmq qui non vedo nessun nuovo capitolo...come mai??? ^_^
 
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folgorata
CAT_IMG Posted on 1/8/2009, 21:54




Ragazze ho deciso che più di così non posso inserire... Se no brucio l'edizione cartacea...
 
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*Nereide*
CAT_IMG Posted on 2/8/2009, 14:37




Cioe'???non posti piu' qui?? :unsure:
 
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folgorata
CAT_IMG Posted on 2/8/2009, 18:06




Adesso vedrò magari qualcosina primi di settembre... :-)
 
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gaiottina1
CAT_IMG Posted on 6/8/2009, 21:49




ok aspettiamo con pazienza settembre!
 
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*Nereide*
CAT_IMG Posted on 10/8/2009, 18:40




ok...la scelta ovviamente e' giusta altrimenti che senso avrebbe pubblicare il libro :wub: se racconti tutta la storia qui....pero'...va beh pazientero' tanto manca meno di un mese!!!
 
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folgorata
CAT_IMG Posted on 19/8/2009, 03:12




Ho postato la versione definitiva del primo capitolo
 
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sweetangel.iulia
CAT_IMG Posted on 31/8/2009, 17:00




ciao ragazze..
scusatemi tantissimo se vi scrivo ma mi sono imbattuta nel vostro sito x caso..ho letto una piccola parte del vostro lavoro e mi è piacciuta molto..non ho voluto andare avanti perchè ho scoperto che diventerà un libro che volete pubblicare..bhe mi piacerebbe sapere, se è possibile ovvio, quando vorreste pubblicarlo.. cosi sarei la prima a prenderlo :P ;)
se non altro diventerei la vostra fan numero 1 :D non che non lo sia gia.. ;)
un bacione a tutte e spero di leggere al più presto il vostro libro o i vostri libri se ne scriverete degli altri ;) :D
p.s. mi chiamo bianca
 
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gaiottina1
CAT_IMG Posted on 4/9/2009, 07:24




CITAZIONE (sweetangel.iulia @ 31/8/2009, 18:00)
ciao ragazze..
scusatemi tantissimo se vi scrivo ma mi sono imbattuta nel vostro sito x caso..ho letto una piccola parte del vostro lavoro e mi è piacciuta molto..non ho voluto andare avanti perchè ho scoperto che diventerà un libro che volete pubblicare..bhe mi piacerebbe sapere, se è possibile ovvio, quando vorreste pubblicarlo.. cosi sarei la prima a prenderlo :P ;)
se non altro diventerei la vostra fan numero 1 :D non che non lo sia gia.. ;)
un bacione a tutte e spero di leggere al più presto il vostro libro o i vostri libri se ne scriverete degli altri ;) :D
p.s. mi chiamo bianca

ciao carissima, ti rispondo io perchè folgorata è sommersa dal lavoro!
Dunque si il 15 settembre esce Moonlight Raimbow che è il suo libro, edito da Mamma editori. Puoi provare cercarlo nella libreria della tua città specificando titolo e casa editrice. se dovessi avere difficoltà puoi ordinarlo mandando una emai a [email protected] e te lo inviano a casa senza spese postali.
Idem per il mio libro che si chiama La Sedicesima Notte.
Ciao :woot:
 
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gaiottina1
CAT_IMG Posted on 5/9/2009, 13:57




FOLGO MA VUOI RICOMPARIRE!!!!
 
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folgorata
CAT_IMG Posted on 5/9/2009, 16:45




Sono ricomparsa vado a terminare il riassestamento dei cap qui pubblicati :-)
Grazie Bianca, mi rincuora molto il tuo interesse...
Che cosa fai? Che cosa leggi di solito?
 
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folgorata
CAT_IMG Posted on 5/9/2009, 17:44




Capitolo 10

La scelta



Ormai il sole si era levato da un paio d’ore e, sul viale di Rochester Manor, la Crossfire di Ethan era pronta a partire. Zachary si schiarì la gola ed Ethan mise in moto. Il professor Rochester non voleva arrivare in ritardo al Museo di Aberdeen. Dargli un passaggio era necessario. Con le partenze in corso di tanti ospiti, le auto di famiglia erano sparpagliate per le Highlands. Gli occhi di Ethan frugarono nello specchietto retrovisore, nel viale non era rimasta neppure una vettura. Elisabeth era andata alla stazione ferroviaria di Forres per accompagnare Nept e le due compagne Erranti. Chi aveva voluto prendere il treno, chi l’aereo... Chissà se Tristan e Pamela erano già sulla via del ritorno da Inverness. Vi erano andati per accompagnare i Tangvald all’aereo. Erano partiti da tempo… loro e tutti gli altri o, perlomeno, quasi tutti. Quel pazzo di Somerset si era rifiutato di lasciare il maniero.
Ethan sorrise al semaforo.
L’aperta vigliaccheria di Somerset era comica. Il vampiro di Warwick temeva ritorsioni da parte dei Quirites per via della visita ai Rochester. Ethan dovette ammettere che i timori potevano non essere infondati. Non era da escludere che i Quirites fossero già informati dell’accaduto. Chissà se la lista nera degli “amici” dei Rochester era già stata stilata!
Nell’abbandonare Forres, la Crossfire transitò davanti a un grande edificio esteso in orizzontale. Le iridi blu di Ethan lanciarono un’occhiata preoccupata. La sede tutto legno e design della Therisoft restava immutabile testimone della nascita del suo amore per Liz ma si apprestava a diventare teatro di ben altro. I presentimenti di Tristan questa volta erano davvero sconvolgenti. Un brivido percorse la spina dorsale.
Imboccò la A96. Per un lungo tratto, l’auto sarebbe avanzata tranquilla sul rettilineo deserto e fortunatamente c’era tutto il tempo per parlare con Zachary. Era un’occasione da non perdere, dovevano fare un piano lui e il padre. Ma, innanzitutto Ethan non poteva rimandare di chiedergli spiegazioni. Perché Zachary non aveva giurato?
«Che cosa nascondi, Zachary?» Ethan gli strizzò l’occhio. L’auto superò il cartello di Elgin.
Gli occhi di Zachary riverberarono un muto rimprovero: “Ethan, Ethan…”
«Che cosa c’è adesso?» sorrise Ethan.
Il volto di Zachary si girò verso di lui. Era tirato.
Ethan sgranò gli occhi. Era strano vedere Zachary arrabbiato.
«Che cosa credi che sarebbe accaduto, se io avessi affrontato Ayra e tu no?» chiese Zachary scuotendo la testa. «La colpa di tutto, l’intera responsabilità, sarebbe ricaduta su di te…»
La fronte di Ethan si aggrottò. Dove voleva andare a parare Zachary con quel discorso?
Le parole del padre davano d’intendere che non ci fosse alcun segreto da proteggere. Sembrava davvero che il capofamiglia non avesse giurato al solo fine di proteggerlo. Come se davvero a Zachary i Guardiani non avessero rivelato nulla…
Ethan cercò negli occhi del padre ma fu uno sforzo inutile. Se Zachary voleva trincerare la mente ci riusciva benissimo e sembrava proprio che in quel momento volesse farlo. Perchè rendere opaco lo sguardo alle facoltà di Ethan se Zachary non aveva nulla da nascondere?
Ma il professor Rochester con un sorriso, pose fine a tutto quell’almanaccare della mente di Ethan.
«Sei tu piuttosto… – il padre lo fissò penetrante – … Che nascondi la verità…»
Ethan dovette abbassare lo sguardo e gli occhi analizzarono con attenzione le razze del volante. Se i Guardiani non avevano detto nulla a Zachary, il padre non avrebbe potuto capire.
In quell’istante, a trarlo d’impaccio, si levò dalla tasca dei Jeans una vibrazione del cellulare.
Era Pamela.
«Ethan!»
Perché la cognata ansimava?
La voce gracchiò nel microfono:
«…Rapiranno Elisabeth!»
La notizia colpì Ethan come una fucilata. Pamela aveva appena detto una cosa apparentemente priva di senso.
Elisabeth sarebbe stata rapita, la frase riecheggiò parecchie volte nei timpani di Ethan. Elisabeth non era stata rapita ma lo sarebbe stata in un futuro indeterminato. Senz’altro doveva essere stato Tristan ad avvertire l’avvicinarsi di una tale sciagura.
Il tempo che la mente di Ethan impiegò per metabolizzare l’informazione parve eterno.
«Che cazzo stai dicendo?» sibilò finalmente dalle labbra contratte.
La voce dall’altra parte, risuonò metallica e impersonale: «Tristan dice che un uomo le tapperà la bocca e spingerà Elisabeth dentro un’auto.»
La mano di Ethan afferrò il braccio del padre.
«Dove?» Ringhiò. I vetri dei finestrini vibrarono in risonanza.
«Davanti alla stazione.»
«Elisabeth!» e già l’asfalto strideva. La Crossfire nel lamento degli pneumatici, faceva un’inversione ad “U” a velocità proibitiva.
Quello che avrebbe dovuto essere un lungo e tranquillo tragitto fino ad Aberdeen in cui parlare tra padre e figlio si interruppe bruscamente. L’auto invertì la marcia e il viaggio si trasformò in una corsa a perdifiato in direzione di Forres.
Mentre la pianura diventava solo una striscia di verde sfumato oltre i finestrini, le raccomandazioni di Zachary si ripeterono smozzicate: «Stai calmo», «Non correre», «Non farti notare».
Parole al vento. La Crossfire sfrecciò come la lama di un coltello lanciato lungo il nastro d’asfalto. L’impulso di schiacciare il pedale a tavoletta, di raggiungere Liz… si propagava dal petto alle gambe di Ethan senza passare per la testa.
Elisabeth… Solo vent’anni… nelle grinfie di un Quirite… La rabbia ostruì la gola di Ethan.
Perché senz’altro doveva trattarsi di un Quriite. Soltanto uno sgherro di Lenith avrebbe potuto osare tanto. Chi altri poteva prendersela con una creatura che non aveva mai ucciso nessuno?
Superarono un camion, sgommando. C’erano ancora tre miglia da fare.
Infine il cartello di Forres si stagliò al margine della carreggiata.
Si inoltrarono nella prima periferia della città; un miglio ancora e il piede di Ethan pigiò il freno solo all’ultimo davanti a un semaforo. La mascella si contrasse in spasmi continui. Non era detto che stesse già succedendo. Tristan non aveva che un’idea vaga dei tempi….
Uno scuola-bus. La Crossfire laminò l’asfalto in un gemito straziante. Bisognava pensare al meglio. Concentrazione. Non poteva succedere nulla. Non doveva. Non sarebbe successo.
Dopo una curva a gomito su due ruote, in fondo al viale si profilò elegante la sede della Therisoft e in fondo, il vecchio e fragile edificio della stazione ferroviaria…
Cos’era quell’affare adesso in mezzo alla strada? Un’autobotte? Un pugno e Ethan disintegrò una razza del volante.
Ethan ruggì. La bocca si spalancò in cerca d’aria inutile. Non era possibile una tale sfortuna! Un paio di colpi all’acceleratore ebbero il solo effetto di far voltare i passanti.
«Ethan, non possiamo smaterializzarci in pieno giorno…» lo pregò Zachary.
Ethan ringhiò. Lo sapeva benissimo…
Bisognava fare qualcosa! Avrebbe tagliato di netto attraverso il parcheggio della Therisoft. Puntò il muso tra due platani. Attraversò un’aiuola zen e curvò a tutta velocità nel piazzale.
Fu allora che la coda dell’occhio segnalò aggirarsi nella ditta una sagoma vagamente famigliare.
Un uomo in giubbotto blu si trovava vicino al portone… di spalle. Quel giubbotto…
Il sospetto di vivere un sogno si dipanò nella mente di Ethan mentre il cuore rifiutava di porsi la domanda fatale. Ciò che Tristan aveva pronosticato per i ragazzi della Therisoft stava per accadere proprio in quello stesso memento?
Per un istante la vista di Ethan si annebbiò. Poi gli ingranaggi della mente si mossero frenetici…
Era l’uomo della visione di Tristan, ne era certo, la sagoma era inconfondibile.
Fu un istante. Il piede di Ethan si sollevò dall’acceleratore. Che fare? Merda, che fare? Merda, merda, merda…
Fu allora che una seconda figura si stagliò nel piazzale. Era anch’egli un uomo e indossava un impermeabile corto… Era esattamente lo stesso uomo e il medesimo impermeabile...
Un impermeabile corto… Il secondo uomo indossava un impermeabile corto… Le immagini riverberate nelle iridi di Tristan tornarono a scorrere dinnanzi agli occhi di Ethan togliendo ogni dubbio. Ciò che stava accadendo nel piazzale preannunciava la morte di decine di ragazzi.
Una morsa gli serrò il petto impedendogli di proseguire un qualsiasi ragionamento.
Zachary stava dicendo qualche cosa… Che cosa? Lo sguardo di Ethan volò in fondo alla strada. La stazione con Liz era a 400 yarde. Qua, quelli invece erano dentro gli uffici. Ora.
Cazzo! Un vortice nelle viscere. Bisognava decidere.
I presentimenti di Tristan si erano accavallati: il futuro rapimento di Lisabeth da un lato e la strage alla Therisoft in corso proprio in quel medesimo istante…
Alla fine semplicemente, il corpo di Ethan agì senza che la mente lo avesse ordinato.
Ethan si lanciò fuori dall’auto.
«Aspettami nel parco» sibilò inudibile.
«Va bene» il bisbiglio di Zachary raggiunse i timpani quando già Ethan era in prossimità dell’ingresso.
«È tua la scelta» fu l’ultimo sussurro del padre.
E tutto accadde in un attimo.
Ethan raggiunse la pensilina e spinse l’ampia porta vetrata.
Il corridoio era semi deserto. C’era solo un ragazzo o due in fondo mentre gli sconosciuti della premonizione di Tristan camminavano davanti a lui poco distanti.
I due sconosciuti si voltarono.
Gli occhi di Ethan lampeggiarono. Era dunque quello il volto degli uomini della premonizione.
Taurus e Hilario, i militi più forti dei Quirites erano in piedi davanti a lui nel corridoio della Therisoft.
Sorrisero, si girarono dandogli nuovamente le spalle, e si inoltrarono nel corridoio.
Ethan li seguì con espressione contratta.
In quell’istante i ragazzi della Therisoft cominciarono ad uscire dagli uffici e ad affacciarsi incuriositi.
Era strano incontrare Ethan così. L’avvistamento del capo era cosa rara. Lui entrava sempre da un ingresso secondario che portava direttamente alla sua stanza piena di monitor.
Ethan invece non si capacitava: perché i ragazzi si avvicinavano invece di scappare?
«Ethan Rochester!...» Il mormorio si diffuse tra i giovani e lo raggiunse attutito. Ma lui non poteva permettersi di distogliere lo sguardo dai Quirites neppure per un attimo.
In un balzo, fu alle spalle dei due vampiri, costringendoli a voltarsi di nuovo.
I due si accucciarono in posizione di attacco.
Le gambe di Ethan arretrarono lentamente.
I Quirites lo imitarono e allora Ethan riprese ad avanzare. Che gli dessero le spalle se ne avevano il coraggio.
Non vi fu tempo per fare strategie.
I due si slanciarono in avanti contro di lui.
Tuttavia lo fecero un attimo dopo che i disegni dell’iride avessero svelato le loro intenzioni…
Ethan aveva compreso che stavano per saltargli addosso un attimo prima che ciò avvenisse.
Le gambe di Ethan guizzarono di una yarda fuori dalla portata dei militi.
Sibilando e ringhiando Hilario e Taurus spiccarono allora un secondo balzo.
Fuori, anche questa volta. Il corpo di Ethan era arretrato di mezza yarda, in tempo per evitare la presa.
Il colore degli occhi dei Quirites, da bianco si era fatto rosso di rabbia, la smorfia sui volti… Taurus e Hilario ormai agivano d’impulso. Lo avrebbero seguito a ogni costo.
Si avvicinavano, lentamente, a testa bassa, ringhiando. I passi all’indietro di Ethan li condussero fino al parcheggio. Ruotarono intorno a lui ed Ethan roteava con loro. La mente concentrata allo spasimo...
Fu una specie di danza. I Quirites che si avvicinavano sempre di più. Il corpo di Ethan che traslava, passo dopo passo, lentamente, verso il piccolo parco adiacente.
La coda dell’occhio segnalò intanto l’assieparsi di una piccola folla. Gli informatici erano usciti, in massa, sotto la pensilina d’ingresso.
Ancora uno sforzo, gli alberi erano ormai ad un passo. Ethan guizzò di lato e i Quirites lo seguirono oltre il limitare della vegetazione sparendo alla vista del pubblico.
Lo scontro si spostò al riparo degli alberi. I corpi nella piccola radura saettavano e si avvinghiavano.
Ethan evitò un fendente di Taurus e si tuffò in avanti verso le caviglie del segugio.
Fu in quell’istante che i timpani di Ethan furono raggiunti dall’urlo delle sirene.
Era il suono inconfondibile delle auto della Polizia. A chiamarla erano stati senz’altro i ragazzi della ditta.
Ethan si concentrò. Non c’era tempo. Non c’era mai tempo… per finire il lavoro. Ma doveva esserci questa volta. Un ringhio scosse l’aria.
Ethan sentì la presa di Hilario sui capelli. Le braccia annasparono.
Per un istante si vide in balia del Quirite. Ma Zachary non era lontano.
Il padre si avvicinò senza fretta a Hilario, poi la mano saettò. Fu il flash d’un secondo. Un fendente secco alla base del naso sotto le narici. E Hilario stramazzò all’istante.
L’intervento di Zachary era stato provvidenziale, era salvo.
Il corpo elastico di Ethan era di nuovo in piedi. Un colpo di reni e le ginocchia atterrarono con tutto il peso sul ventre di Taurus. Non c’era pietà, non poteva essercene. I denti di Ethan trovarono la gola. Le sirene ormai, erano vicine.
Quando Ethan si erse, la mano brandiva la testa mozzata di Taurus.
Zachary intanto attendeva appoggiato a un grande sacco portarifiuti già colmo dei resti smembrati di Hilario.
Sacchi della spazzatura della ditta. Ethan fu fulmineo nel riempirli e Zachary lo aiutò. Anche i resti di Taurus finirono in un sacco di plastica. Poi entrambi i contenitori furono stipati nella Crossfire.
Ethan diede fuoco all’auto senza rimpianti, prima che le sirene raggiungessero il piazzale.
Una cortina di fumo grigio e denso si levò oscurando il parcheggio. Ethan si gettò nella nube nera e si dileguò smaterializzandosi in direzione della stazione. La coda dell’occhio intravedeva la scia di Zachary di poco dietro di lui.
Saettavano già in prossimità della stazione, quando l’auto esplose e il boato raggiunse i timpani.

Appena una mezz’ora prima, davanti alla stazione ferroviaria di Forres, un forestiero scendeva da un’auto nera. L’uomo aveva una lunga coda grigia legata in basso sulla nuca.
Si avvicinò, le mani nelle tasche posteriori dei jeans. Controllò le persone presenti nel piazzale. Alcune persone stavano entrando nella stazione e, a ben vedere, erano Nept, Luna e Venus. Tra poco sarebbero spariti nella biglietteria. La Rochester invece doveva essere quella con i capelli ricci color castagna. Sì, era lei, non c’era rischio d’errore. La descrizione combaciava, l’odore pure.
Era lei: Elisabeth Campbell Rochester, la donna vampiro della Profezia. L’uomo scrollò le spalle e si diresse verso la ragazza. C’era una ragione dopotutto se Lenith era sopravvissuta migliaia di anni. Non si poteva sfidarla impunemente come aveva fatto la ragazza dagli occhi color petrolio.
Si avvicinò con circospezione e segnalò la propria presenza. La ragazza si voltò e sorrise. La speranza era che lo prendesse per uno dei tanti vampiri giunti a Forres per dare manforte ai Rochester… E sembrava che avesse funzionato.
Un gesto della mano la invitò ad avvicinarsi.
La ragazza si approssimò con passo disteso: «Chi sei?» chiese.
«Sono ospite dei tuoi. Mi hanno mandato a prenderti, Christabel non sta bene.»
«Ma... ho la mia auto.»
«È stata ricoverata in una clinica privata, perderesti tempo a cercarla, sali.»
«Oddio…» la testa riccioluta si scosse con espressione preoccupata.
L’uomo la osservò con occhio critico. La ragazza si stava facendo delle domande. Meglio che tutto filasse liscio.
Il vampiro si voltò con indifferenza e prese a camminare lentamente in direzione dell’auto. La coda dell’occhio segnalò che la ragazza salutava con la mano Venus. Bene.
Dopo qualche istante la Rochester era di fianco all’auto.
«Entra» disse lui gentile aprendole la porta del passeggero.
In quell’istante un trillo risuonò proveniente dal cellulare della giovane.
Un ringhio sfuggì alla gola dell’uomo. Proprio ora! Bastava un secondo di conversazione con un famigliare per smantellare tutta quella messinscena. Era molto meglio che la ragazza riponesse il telefono e tenesse la bocca chiusa.
«Entra.» intimò l’uomo.
La moglie di Ethan Rochester aveva già una gamba dentro l’auto ma si fermò.
«Aspetta, rispondo.»
«Entra intanto.»
«Un attimo» obbiettò Elisabeth.
L’uomo gettò una rapida occhiata in giro. Il piazzale era semideserto. Mise una mano sul volto di Elisabeth e spinse forte.
Elisabeth affondò le unghie nel dorso delle mani del vampiro. Si dibatté con tutte le forze ma queste erano in gran parte, improvvisamente venute meno. La paura rendeva sovrumano ogni sforzo; anche il più piccolo movimento.
Lo sconosciuto gonfiò i muscoli e sbuffò. Quanta forza aveva quella per essere una femmina!
Un ringhio e la ragazza ruzzolò nell’abitacolo. Una manata e il cellulare volò a molte yarde sull’asfalto. Il gioco era fatto.
Un click dell’interruttore elettronico. Era chiusa dentro. Bisognava sbrigarsi prima che quella spaccasse tutto.
L’uomo si rimaterializzò alla portiera del lato di guida. Era difficile che qualche passante notasse il guizzo innaturale… Il balzo era durato un niente.
Ma che cos’era quel ringhio sordo alle spalle… Sembrava un cane. L’uomo si girò e vide per un istante l’immagine di un mastino inferocito.

Circa mezz’ora prima sulla strada proveniente da Littlemill, Matthew stava viaggiando in tutta tranquillità. Aveva dormito veramente da “cane” la notte precedente. Accucciato in forma di molosso e con tutti i vampiri che circolavano intorno a Christabel. Non c’era da meravigliarsi. Zachary aveva assicurato che si trattava di una visita temporanea. Non era stato piacevole. Anche Pamela e Tristan erano rimasti in fibrillazione. Ogni membro della famiglia si era incaricato della sicurezza di Christabel.
Lei se ne era andata con i genitori quel mattino ad accompagnare gli innocui Tangvald. Così, Matthew aveva accompagnato gli altri Tessali a Edimburgo per l’aereo. I parenti e tutti gli altri vampiri dediti al sangue umano erano ripartiti tranne Somerset, ora, e il Tessalo aveva potuto darsi almeno una lavata. La colazione a base di pernici era stata pienamente soddisfacente. Gli era bastato alzarsi in volo come aquila. Aveva fatto incetta di pennuti succulenti.
Dopo la doccia e gli abiti freschi di bucato, la decisione di passare alla Therisoft dove smanettare al computer stava rivelandosi produttivo oltre che divertente.
Il cartello segnalò l’inizio di Forres.
Matthew procedette canticchiando con giù il finestrino per godersi l’aria di giugno… Aveva già tredici anni la piccola Christabel… Doveva resistere ancora almeno tre anni e poi avrebbe potuto diventare come lui… E cioè un essere fermo per l’eternità al momento dei sedici anni. Un essere che avrebbe preso la patente di guida solo grazie ai sapienti intrallazzi burocratici di cui Pamela era maestra. La bocca si piegò in un sorriso amaro.
A volte il pensiero che Christabel potesse non farcela ad aspettare, era devastante. Non era affatto scontato che il fisico riuscisse a reggere fino ai sedici. Era sempre più indebolita dall’AIDS. D’altra parte, trasformarla subito avrebbe reso immutabile l’aspetto di tredicenne …per l’eternità. L’immagine delle gambe ossute e del torace esile di Christabel sotto la massa di capelli rossi gli si dipinse nella mente. Il petto si inondò di calore.
Le dita tamburellarono sul volante che cos’era quel suono di sirena? Un’altro… La fronte di Matthew si corrugò. Un incidente forse… Poi, un altro lungo sibilo ritmato e lamentoso. Che cosa poteva essere capitato? Il cuore gli sobbalzò stranamente in petto. I peli sulle braccia si drizzarono senza segni di pelle d’oca sulla cute di vampiro.
Christabel?
I denti scricchiolarono tra le mandibole. Perché per forza a lei? Perchè doveva esserle capitato qualche cosa… Che scemo… Che c’entrava Christabel? Era con i suoi…
I pensieri si succedettero nel vano tentativo di reprimere l’ansia. Intanto però l’Elle200 aveva cambiato andatura. Più Matthew rassicurava se stesso con mille ragionamenti, più l’auto schizzava a tutta velocità incurante dei semafori rossi.
Il pick up fece tutta Forres come pilotato da un pazzo.
Finché, raggiunto il luogo di destinazione delle autopattuglie ululanti, gli occhi di Matthew frugarono nel circondario.
C’erano almeno quattro auto della polizia… e quello era il viale della stazione. Una nuvola di fumo nero ostruiva la vista della Therisoft. Matthew dovette fermarsi. Che cosa poteva essere successo in ditta? Per un lungo istante le dita esitarono sulla chiavetta dell’accensione incerte se spegnere il motore e piantare l’auto lì dove si trovava. Poi avvertì la vibrazione del cellulare.
Le dita grandi di Matthew faticarono a insinuarsi nella tasca posteriore dei jeans aderenti per prendere il telefono portatile. Finalmente riuscì ad agguantarlo. Il display indicava l’arrivo di un nuovo messaggio.
Premette sul tasto e un ordine privo di spiegazioni comparve: “Corri alla stazione da Elisabeth.”
Il messaggio era di Pamela.
Matthew non lo avrebbe mai confessato ma la prima sensazione fu di sollievo. Per quanto il fatto fosse meschino, il pensiero che non ci fosse di mezzo Christabel lo confortava. Il secondo pensiero andò a quali potevano essere i motivi dello strano messaggio di Pamela. Era tutto molto strano, l’incendio davanti alla Therisoft, l’ordine di andare da Elisabeth… Ma che cosa succedeva quel giorno?

Matthew intanto mollò il pick up dov’era, in mezzo alla strada, e si gettò a capofitto tra i cespugli. Non poteva procedere saettando per smaterializzazioni; un cane che corre avrebbe destato meno attenzione.
La trasformazione avvenne in un istante e Matthew ricomparve in forma di molosso dal pelo grigio ferro.
L’enorme mastino cercò di passare tra le piante dei giardini privati per non farsi notare. Non era difficile dopotutto… I passanti era tutti distratti; guardavano la strada in attesa di vedere se dopo la polizia arrivavano le autoambulanze.

Circa mezz’ora prima sulla strada proveniente da Inverness, Pamela si rilassava sullo schienale. Il padre e la sorella già depositati al piccolo aeroporto e, per una volta, lei, Tristan e Christabel… da soli, insieme. …Con gli America a tutto volume.
Le narici annusarono l’aria umida assaporandone i sentori di fermentazione provenienti dalle distillerie.
Ma in quell’istante, un mormorio di Tristan perforò la musica: «Pamela, aiuto».
Ciò che Pamela vide le fece sgranare gli occhi. Tristan aveva gli occhi chini sul torace e l’auto stava cambiando corsia.
Pamela afferrò il volante: «Tristan che cos’hai?»
Lui non reagì. Perché teneva i palmi appoggiati sulle razze, con le dita distese?
«Stai male? Tristan!»
Il piede non era più sull’acceleratore e Pamela, pur restando al lato del passeggero, riuscì a portare l’auto in corsia di emergenza.
«Papà!» gridava Christabel frattanto.
Appena l’auto si arrestò, il capo di Tristan rimbalzò sul poggiatesta con gli occhi sbarrati.
«Papà…» ripeté Christabel con voce disperata.
Dalle labbra livide di Tristan si levò un mormorio indistinto.
Pamela si avvicinò e gli girò delicatamente il mento con le dita.
Gli occhi di Tristan guardavano in basso. Non dava segnali di rendersi conto di ciò che gli accadeva intorno ed era la prima volta che Tristan perdeva il controllo così!
«Tristan, dimmi che cos’hai!» lo supplicò accarezzandogli il viso Pamela.
Le labbra di Tristan farfugliarono una specie di lamento.
Pamela gli avvicinò un orecchio alla bocca.
«Ls... Z..»
«Che cosa dici?» Gli occhi di Pamela studiarono il volto del marito. L’espressione era angosciata, la bocca aveva una piega amara mentre ripeteva: «…Liz!»
Elisabeth?
Le palpebre di Pamela si aprirono e chiusero istintivamente per un paio di volte. Gli occhi si dilatarono.
«Che cosa! La zia?» gridò Christabel intanto mentre le mani cercavano di scuotere il padre da dietro per le spalle.
Tristan ansimò. Come annaspando per uscire dall’acqua, lo sguardo si sollevò e fissò Pamela con intenzione. Deglutì e si ritrasse.
«È in pericolo, – disse fissando la moglie ad occhi sgranati. – Ho visto un uomo che le chiudeva la bocca con una mano e la caricava su un’auto…»
«…Rapita…» Il lamento di Christabel finì in un mugolio di pianto.
Di far guidare Tristan non se ne parlava, Pamela scese dall’auto e lo fece spostare sul lato el passeggero.
Si mise al volante, bisognava fare in fretta.
Liz…! Sembrava impossibile. Eppure era così. Lo sapevano tutti: uccidere Liz era la fissazione suprema di Lenith per via della vecchia storia della Profezia. Era stato imprudente farla andare in giro da sola dopo lo scontro di Loch Ness. Chissà in che guaio si poteva cacciare. Quella ragazza non sapeva badare a se stessa. Per giunta non era neppure felice di essere diventata una di loro… Doveva restare umana, era chiaro.
Quando le gambe di Pamela mossero i primi passi nel piazzale della stazione, la brezza la investì portando un’odore familiare…
Liz! Era lei!
Si bloccò.
La pelle sulle braccia fu percorsa da un brivido. Nell’aria c’era odore anche d’altro.
Pamela vorticò su sé stessa fiutando il vento. Poi gli occhi distinsero un groviglio di corpi in lotta poco lontano.
Tutto stava accadendo là: a pochi passi.
Un mastino enorme dal pelo grigio ferro, era avvinghiato a un vampiro… e a Elisabeth.
Pamela frugò con gli occhi per cercare di capire chi fosse lo sconosciuto che serrava Liz tra le braccia. La cognata si dibatteva cercando confusamente di difendersi e aggrappandosi ai capelli lunghi di... Leroy!
Era Leroy il vampiro sconosciuto dai lunghi capelli brizzolati, il naso adunco e il volto magro.
Bastava un niente e il mastino, o Leroy, avrebbe dilaniato Elisabeth.
Pensare a tutto ciò e agire, per Pamela, fu questione di un istante. Le lunghissime gambe spiccarono un balzo e le mani si chiusero sul collo del vampiro.
Il mastino approfittò dell’occasione. Si avventò con le fauci sul ventre del Quirite.
I denti di Pamela affondarono nella gola.
Il vampiro annaspò nel vuoto. Tristan si gettò su di lui…

In quel medesimo istante il corpo di Ethan compariva e spariva a tratti lungo il viale della stazione. Nella mente un solo pensiero: Elisabeth! Null’altro aveva più importanza oramai: né la preoccupazione di non esporsi, né le conseguenze di ciò che era appena accaduto. Ethan fece più in fretta che poté. Non si sarebbe mai perdonato se non fosse arrivato in tempo.
Nel fumo, nel suonare dei clacson impazziti, nelle sirene della polizia solo due cose guidarono il corpo: la scia dell’odore di Elisabeth e il fruscio delle rimaterializzazioni di Zachary.
«Liz!» l’urlo di Ethan rimbombò per tutto il viale mentre riappariva nel piazzale della stazione, sbucando da dietro un albero.
Pamela ringhiò un secondo dopo.
Ethan percorse le ultime yarde. Gli occhi cercarono Elisabeth nell’ombra e finalmente la individuarono.

Elisabeth era a terra, seduta inerte, in stato catatonico. Ethan non l’aveva mai vista così. Sembrava in preda a una paralisi, accanto a lei, steso sull’asfalto, un individuo con i visceri esposti e con il volto mezzo dilaniato: ormai irriconoscibile.
Mentre Ethan si avvicinava, le gambe divennero via via, sempre più pesanti. Che cosa era accaduto a Elisabeth? Che cosa le aveva fatto quell’uomo?
Le gambe di Ethan si flessero dentro i jeans e in un ultimo balzo fu ai piedi di sua moglie.
Le mani si congiunsero al viso diafano di lei sotto i riccioli scuri.
Le occhiaie profonde e gli occhi sbarrati erano del solito profondo e torbido color petrolio, senza traccia di rabbia tuttavia. …Non vi era neppure una leggera sfumatura rossastra negli occhi di Elisabeth, che manifestasse la furia della lotta che doveva esserci stata. Elisabeth era lì davanti a lui che lo fissava inespressiva. Come a dire: “che cosa ho fatto di male, io, per meritarmi questo?”
Senza una parola, le braccia la circondarono e la trassero a sé. La mano penetrò la nube di capelli e le accarezzò la nuca.
Dopo qualche istante, piano, il corpo di Ethan sentì che i muscoli contratti di Liz stavano sciogliendosi in un fremito. Elisabeth, ancora una volta, aveva dimostrato di non tollerare la nuova natura. …Di non saper reggere il contatto con la violenza e con il pericolo. La mano di Ethan si massaggiò gli occhi ancora iniettati di sangue. Ed era sempre più difficile, in effetti, sopportare tutto ciò… anche per uno, come lui, abituato da centinaia di anni di scontri... Come avevano potuto farle questo? E come aveva potuto lui metterla in secondo piano. …Lanciarsi prima, in difesa dei ragazzi della Therisoft… Ethan fu scosso da tremiti di rabbia e la gola si riempì di veleno.
Ma non c’era più nulla su cui lui potesse scaricare la collera. Tristan e Pamela lì a fianco avevano ormai ultimato lo smembramento. Non restava che contemplare il lavoro fatto. Brandelli sparsi…
Fu allora che un ringhio cupo attrasse l’attenzione di Ethan e le braccia si sciolsero lentamente da Elisabeth.
A poca distanza tra i cespugli, un mastino gigantesco dal pelo grigio, sbavava con gli occhi sporgenti e il pelo diritto. La posa era quella dell’attacco e il corpo di Ethan rispose istintivamente acquattandosi.
Nell’ombra scura proiettata dal corpo del mastino qualcosa proprio allora si mosse rivelando la presenza di Christabel.
Ethan strabuzzò gli occhi. La ragazzina dai riccioli color rame era rannicchiata esilissima, tra le zampe enormi. Abbracciava la pancia setosa e strofinava la guancia sul petto.
«Matthew basta brontolare» diceva, dandogli baci.
Ethan rimase immobile. Bastava un movimento sbagliato e il mastino pur non volendolo, avrebbe cancellato Christabel per sempre…
Tristan, Pamela e Zachary si affiancarono a Ethan di soppiatto.
Il molosso prese a ringhiare più forte.
Una mano di Tristan sfiorò il braccio di Ethan.
«Ethan ci ho provato. Non riesco ad allontanarlo.»
I fianchi di Ethan avvertirono un morbido abbraccio circondargli la vita.
«Andiamo » Era la voce di Elisabeth a parlargli, il suono della voce era ancora un po’ roco.
Ethan faticò a metabolizzare ciò che gli altri gli stavano suggerendo. Lasciare Christabel tra le zampe di quella bestia enorme? D’accordo, Ethan lo sapeva che si trattava pur sempre di Matthew ma ora il Tessalo aveva gli istinti dell’animale di cui aveva preso forma.
La mano di Tristan gli si appoggiò sulla spalla: «Lo sai, Christabel ha una specie di empatia con gli animali, riesce a comunicare con Matthew in qualunque formi lui si trovi.» Il volto saggio di Tristan si piegò in un sorriso: «Si parlano…»
La mano di Elisabeth lo tirò per la cintura: «Vieni dai, piano.»
«Liz» la fronte di Ethan crollò sul petto della moglie. Era veramente difficile per la seconda volta quel giorno decidere di lasciare qualcuno in pericolo.
La voce di Liz lo raggiunse come un’eco lontana…
«Non mi è accaduto nulla, Ethan. Se ci allontaniamo Matthew ritornerà in sembianze umane…»
La testa scura di Ethan, i capelli lisci, il ciuffo disordinato…. Si chinarono verso terra.
La mano di Liz, stretta attorno alla sua, lo tirò indietro di qualche passo.
I piedi di Ethan scansarono all’ultimo una pozzanghera di sangue.
Lo sconosciuto o quel che ne rimaneva era a terra. Era così malconcio da essere irriconoscibile.
«Dai capelli potrebbe essere Leroy» mugugnò Zachary…
«È, Leroy dei Quirites» confermò Tristan.
Zachary annuì…
Camminando piano Pamela, Tristan, Zachary, Liz ed Ethan si portarono fuori dalla vista del molosso.
Il tentativo di venire a capo degli eventi della mattinata restò al centro dei pensieri i tutti.
«Un altro Quirite!» sibilò Ethan. Era il terzo in circolazione a Forres quel mattino. Qual era lo scopo di quegli attacchi sconsiderati? Avanzi di cimitero! In un modo o nell’altro bisognava farla finita… Gli occhi si fecero rossi come fuoco.
Zachary si avvicinò tirato in volto: «Sbrighiamoci a togliere ogni traccia.»
Di lì a poco, una seconda colonna di fumo si levava davanti alla stazione. Le fiamme avvolgevano l’auto del Quirite che era stata spostata sotto gli alberi proprio sopra le tracce di sangue.
I Rochester erano fermi a controllare a distanza, quando un ringhio attirò la loro attenzione. Gli occhi si staccarono dal fumo: Matthew si stava spostando.
Quando poco prima, si era ritrovato ringhiante in un angolo con Christabel abbracciata e i Rochester a fissarlo, Matthew non era riuscito a ritrasformarsi. La rabbia non gli era ancora passata. Le sirene ululavano e i cinque vampiri davanti a lui lo guardavano esterrefatti.
Ora finalmente Matthew aveva trovato il modo per spostarsi senza travolgere Christabel.
L’enorme mole del mastino si alzò e ringhiando scivolò dietro un cespuglio. Con un po’ di pazienza sarebbe riuscito a ritrasformarsi magari.
Aveva già compiuto qualche yarda quando un fruscio alle spalle lo fece voltare. Oh no! Christabel!
La faccetta smunta comparve in mezzo al fogliame. La ragazzina lo aveva seguito. Perchè non si precipitava dai suoi? La coda si agitò impaziente.
Christabel lo raggiunse e una piccola mano si protese fino a sfiorargli la collottola. Un uggiolio gli uscì spontaneo dal petto.
Il mastino si slanciò allora nel folto di un giardino inseguito da una risata argentina. Christabel gli correva dietro. Perché quella benedetta ragazza non andava dalla famiglia? Il muso si voltò a osservarla. La sua “fatina del bosco” volava verso di lui.
Il mastino rallentò la corsa. Le fauci si allargarono in uno sbadiglio e mugolarono un lamento rassegnato: avrebbero fatto insieme la via del ritorno.
Christabel gli zampettò alle spalle facendo di tutto per non restare indietro. Il cane scosse la testa: la salute grama e i polmoni esili di Chris avrebbero certo presentato il conto.
Ridusse l’andatura.
L’aria di giugno era tiepida e Christabel ansimava un poco. I riccioli ramati ondeggiavano. Barcollava sulle gambe ossute, incurante dei sassi sul terreno. Incurante dei rami che le ferivano il viso procedeva tra gli alberi a testa alta.
Uscirono dal parco cittadino, si inoltrarono nel piccolo parco del centro sportivo, costeggiarono gli argini del fiume. Ogni tanto la brezza li investiva alle spalle portando con sé odore di vampiro. I Rochester dovevano essere ancora dietro di loro anche se a una certa distanza…
Finalmente Christabel e il cane uscirono dalla città. Quando il mastino si buttò nella foresta, l’odore di vampiro si era spento… tranne quello quasi impercettibile dello stesso Matthew.
Il mastino continuò ad avanzare sempre più incerto. Perché Pamela, Tristan e gli altri si erano fermati adesso? Si voltò. Christabel arrivò ansimando. Aveva la faccia arrossata dalla corsa, gli occhi ambrati brillavano di felicità. Sorrideva.
«Sei un cane cattivo Matthew! Devi aspettarmi!» rise accelerando un po’ verso di lui.
Il mastino s’immobilizzò. I muscoli si contrassero frementi.
Christabel gli circondò il collo enorme con le braccia e gli riempì il muso di baci. Era una battaglia persa.
Poi, grazie al Cielo, Christabel mollò la presa e si allontanò di qualche passo andando a sedersi su un sasso.
La testa del cane s’inclinò di lato. Voleva riposare?
Per tutta risposta, Christabel sorrise: «Quando sei cane, sei davvero orso.»
Quella ragazzina non aveva il giusto rispetto! Orso o cane lui era almeno quattro piedi al garrese. Uffa! Matthew si avvicinò piano, col muso a terra. Le annusò le ginocchia e la lingua enorme lavò il viso sorridente di Christabel.
Poi le si accucciò ai piedi tenendo la schiena a contatto con le gambe della piccola.
«Ho un’idea» annunciò lei. «Posso?» Chiese e, con delicatezza, gli si mise a cavalcioni sulla schiena.
«Perché non mi porti a casa così?»
Il mastino girò gli occhi di lato verso di lei, mostrando il bianco. Le orecchie indietro sembravano dire: “Ma che cosa mi fai fare Christabel?” Uggiolò e, piano, pianissimo, si sollevò infine sulle quattro zampe.
Christabel si appiattì sul dorso e gli abbracciò il collo.
Il mastino si mosse in una corsa leggera che li portò al torrente vicino al maniero.
Doveva bere. Rallentò. Il muso si abbassò verso l’acqua. Il corpicino di Christabel scivolò di lato.
Sete! Acqua! La zampa si tuffò in acqua sollevando un’ondata di spruzzi.
Un urlo risuonò squillante. La camicia di Christabel era tutta bagnata e lei ostentò un broncio bellicoso: «Vuoi la guerra?»
Si allontanò di qualche passo e cominciò a sollevare acqua con le mani.
Il mastino si dissetò tranquillamente mentre gli schizzi lo colpivano. Proprio noioso Matthew quando faceva il cane! Era sempre così serio! Mentre Christabel lo osservava, il mastino si lanciò improvvisamente in acqua. Che cosa? Voleva fare il bagno? Lei no… Christabel fissò la superficie del torrente. Corrugò la fronte. Dov’era andato?
Un’ombra sotto la superficie e un mare di schizzi.
Quando Matthew riemerse, la testa non era più quella di un cane mastodontico.
Si sollevò sull’acqua di scatto fino al busto muscoloso. Il viso del possente ragazzo greco le sorrise: la pelle olivastra, i capelli rasati a zero e gli occhi sottili e allungati.
«E adesso me lo sai dire come esco dall’acqua? Girati, Christabel.»
Christabel arrossì e fece qualche passo dandogli le spalle. Anche quel fatto di girare nudo! Doveva cucirgli delle mutande da cane. Ma anche da aquila, da formica… Delle mutande superelastiche.
Matthew camminava sulla terra ferma ora. Stava dicendole: «Vai a casa Christabel, ti seguo a distanza.»
«Matthew sei un disastro» sbuffò lei senza voltarsi. Lui non poteva andare in giro a quel modo. Si tolse la felpa legata in vita. Tirò il giubbetto alle proprie spalle: «Mettiti questo.» Un’idea le attraversò la mente. L’idea di voltarsi e di guardare… Il solo pensiero arse a fiamma viva le orecchie. La vergogna serrò la mascella. Che schifo! Come potevano venirle in mente certe idee?
Matthew agguantò l’indumento. Una giacca? In mano sua. sembrava una presina per l’arrosto! La annusò e sorrise. Il profumo di Christabel! Poi si arrotolò la felpa tipo perizoma: «Vai, andiamo» sospirò. Che cosa gli toccava fare! Quella cosa doveva finire. Christabel era troppo fragile con la sua umanità e… la sua malattia.
Drago per i Tessali, Matthew per tutti, acchiappò con un braccio l’esile busto di Christabel e la sollevò da terra stringendola a sé.
L’urlo di Christabel si perse dentro il buco temporale in cui Matthew si era lanciato. Mentre il mondo fluiva intorno, il corpo d’acciaio la imprigionò dolcemente. Matthew era veramente fantastico, fortissimo, e stargli così vicino le faceva sentire caldo. Matthew era freddo ma anche caldo a suo modo! Un nodo le strinse la gola come se fosse per il pianto. E invece era una cosa che partiva dalla pancia! Era delicato Matthew nel tenerla così stretta a lui e anche… Era come se dicesse “sei tutta mia”… C’era tutto uno scombussolamento e ci sarebbe stato da preoccuparsi da un lato… Dall’altro, come dire? Matthew era Matthew, si poteva anche sopportare quel mal di stomaco…
Il lampo che li condusse dinnanzi al maniero finì troppo presto per Matthew. Il sangue di Christabel pulsava tiepido e dolce tra le sue braccia. Ma c’era così tanto di più negli occhi ambrati e nell’espressione pensosa del visino… Che mai e poi mai quel profumo aveva rappresentato una tentazione reale. E mai nessun altro avrebbe dovuto tenerla stretta a sé come stava accadendo ora…
A malincuore Matthew si rimaterializzò davanti al portone. Christabel gli scivolò via dalle braccia precedendolo nel maniero. Pamela gli avrebbe dato qualche cosa da mettersi.
Christabel irruppe nel salone con il volto in fiamme. Entrò tutta stralunata e annunciò: «Mamma devi aiutarmi a cucire un paio di mutande per animale!» Adesso avrebbe provveduto lei. Matthew nudo. Che schifo!
Un ruggito sordo riecheggiò tra le mura di pietra. La zia irruppe con gli occhi fuori dalla testa: «Che cosa è successo?» Le iridi erano rosse come il sangue e la pelle tirata sulle tempie. Sembrava infuriata.
«Niente… Ma dov’è la mamma?» balbettò Christabel sedendosi sul sofà di cretonne. Perchè la zia Elisabeth sembrava una teiera sotto pressione?
«Sono tutti di sopra da Somerset. Rispondi, che cosa è accaduto?»
«Quando Matthew ritorna umano, ha bisogno di qualche cosa per coprirsi.» Christabel ridacchiò: «Ho dovuto lasciargli la mia felpa.»
Liz… socchiuse gli occhi: «Si è comportato bene… Sì?» chiese la vampiressa più fasulla della foresta… lentamente, con quella vocina tipica.
La bocca di Christabel si storse di lato. Perché la zia faceva così? E rispose: «Certo si è comportato benissimo, figurati, è Matthew! È stato forte oggi eh? Sembravi morta di paura…»
«Fortissimo!» Liz sorrise e le allungò una carezza sui riccioli. Le si sedette di fianco e le circondò le spalle con un braccio: «E tu hai avuto paura oggi tesoro?»
Christabel abbassò le palpebre. Non aveva voglia di parlarne. Avrebbe visto zia Elisabeth con la faccia angustiata. Era chiaro che la zia aveva un problema: era del tutto incapace di fare del male a qualcuno! E se non fosse intervenuto Matthew…
Lo sguardo della zia era tornato normale ora, di quel suo marrone verde, non era più arrabbiata, e la stava fissando: «Sai quando è arrivato Matthew, io ero chiusa dentro in macchina… Ho tirato un calcio al parabrezza. Con entrambi i piedi. L’ho fatto esplodere poi…»
«Poi, invece di dare un pugno a quel tizio… sei mezzo svenuta.» Christabel la rimproverò con lo sguardo… Ora tutti si sarebbero preoccupati ancora di più. Che noia! Candore in dosi massicce: «Ma sono certa che ti saresti ripresa e avresti aiutato Matthew se avessi potuto.»
La zia chinò lo sguardo: «Non mi sarei mai perdonata se gli fosse successo qualcosa per colpa mia…»
«Ma che colpa ne avevi tu?»
Liz, per tutta risposta l’abbracciò e la tenne stretta coprendole la testa di baci.
Non c’era che dire. Il candore era sempre un’arma invincibile. Però quanto era appiccicosa!
«Zia mi soffochi!» protestò Christabel.
«Non ti ribellare…» ruggì Liz schioccandole un bacio sul naso.
«Uffa! Sei sempre la solita! Mi baci troppo!»
«Oh sì. Te lo meriti!» Zia Elisabeth annuì compunta.
«Ma dov’è lo zio Ethan? Si è pentito?» Gli occhi di Christabel brillarono maliziosi.
«Pentito? E di che cosa? Povero! Perché?» La zia faceva una faccia buffa.
«Voleva far fuori Matthew!»
«Far fuori!» Liz rise tra sé. Ethan era un po’ irruente a volte. Un sorriso di tenerezza le si affacciò tra le labbra. Ethan! Lo shock del tentativo di rapimento era stato tale che gli si erano piegate le gambe. Avevano appena cominciato l’inseguimento di Christabel nella foresta, quando Ethan aveva dovuto rinunciare. Aveva chinato la testa e richiamato Liz ansimando.
«Non ce la faccio più» aveva ammesso.
Liz aveva sgranato gli occhi: lui? Non ce la faceva? Era incredibile udire Ethan fare un’ammissione simile… Doveva essere veramente sconvolto. Non si era mai visto così. Aveva gli occhi cerchiati e si era accasciato su un masso.
«Tu non sai che cosa ho provato, – aveva confessato – scegliere tra te e quei ragazzi…» Si era interrotto con lo sguardo tetro.
«I ragazzi della Therisoft…» Gli occhi di Liz avevano roteato smarriti. Bisognava dirgliene quattro a Tristan. Sempre quel fatto di tenerle nascoste le cose. “Liz si preoccupa”, eccetera…
Quando Ethan le aveva riferito nel dettaglio la visione di Tristan, Liz aveva cominciato a fremere d’ira. Era chiaro. Ethan si era trovato di fronte i vampiri della visione, aveva dovuto intervenire. Non aveva avuto scelta, in realtà.
Il pensiero di Liz corse ancora alla propria pessima prova di combattente. Gli eventi del mattino si erano risolti per il meglio ma sarebbe bastato un soffio… Dal petto le uscì un profondo sospiro.
Liz aveva accarezzato i capelli neri del suo sposo e vi aveva posato un bacio.
Le dita di Ethan avevano afferrato le sue.
«Che cosa sta succedendo Elisabeth?» aveva mormorato con un tremito nella voce. «Due attacchi nello stesso momento, non possono essere una coincidenza…»
Liz si scosse dai ricordi e lo sguardo vagò sul viso di Christabel e poi nel salone immoto nella sua perfezione. Sì quei due fatti nel medesimo momento esatto, non potevano essere una coincidenza. Dovevano rientrare in un piano.
Accarezzò la testa di Christabel che armeggiava con il telecomando e la strinse di nuovo al petto...
La ragazzina cercò di divincolarsi chiedendo, senza staccare gli occhi dal televisore:
«Dov’è lo zio?»
«In camera, riposa.»
«Riposa?» La faccia di Christabel si voltò, stupita come se fosse nevicato in agosto.
«Ha affrontato una battaglia molto difficile oggi, mentre tu e Matthew mi aiutavate» sorrise Liz parlando sotto voce.
«Ma adesso sta bene?» Christabel aveva parlato con voce leggera. Fingeva un’aria spensierata. L’idea di un vampiro che stava male, minava tutte le sue speranze.
Liz sospirò. Christabel era di nuovo turbata. Che cosa risponderle? Ethan stava davvero bene?
Gli occhi di Liz si chiusero, la gola deglutì visibilmente. Non era una buona domanda quella. Ethan le era sembrato provato come mai prima.
 
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gaiottina1
CAT_IMG Posted on 8/9/2009, 14:35




Sei sparita un'altra volta?
 
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folgorata
CAT_IMG Posted on 11/9/2009, 09:36




No sono quà e preso posterò ancora. :-)
 
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gaiottina1
CAT_IMG Posted on 13/9/2009, 10:02




NON MI SEMBRA VERO CHE FRA 2GG SARA' IN LIBRERIA!
 
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176 replies since 25/6/2009, 01:39   5741 views
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