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MOONLIGHT RAINBOW, Collana: A cena col Vampiro

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folgorata
CAT_IMG Posted on 25/6/2009, 23:13 by: folgorata





Capitolo 2
Piante carnivore




Ethan contrasse la mascella e si avviò verso il portico.
Elisabeth rimase sola nella notte e lo osservò ritornare al maniero.
Lui dava l’impressione di essere pronto a esplodere. Le dita cercarono la corteccia di un enorme tronco di abete dietro la schiena. Si appoggiò. Festoni di muschio penzolavano tutto intorno a separare casa Rochester dalla foresta.
Cercò di fare il punto della situazione.
La cattiveria dissimulata di Lenith era, ancora una volta, la causa. Non si era dissolta con la battaglia di Loch Ness e il pensiero restava. Perché a tutti costi i Quirites volevano assimilare o distruggere la famiglia Rochester… Perché?
Elisabeth cercò di rammentare le parole di Ethan.
Nei mesi, lui aveva continuato a ripetere: «Perchè quella profezia fasulla… perché quella determinazione a impedirci di vivere a modo nostro?»
E ancora: «Sei vampiri, in una piccola cittadina nella foresta, come possono suscitare tanta aggressività?»
Oppure: «Ti rendi conto? È il clan più antico e potente della nostra specie!»
L’ossessione di Ethan per il segreto dei Quirites era stata generata anche da un’intuizione. Lui questo, a lei l’aveva confessato. Senza dire che cosa tuttavia.
Una sensazione di panico si riverberò in tutto il corpo. Nella mente di Lenith era passato qualche cosa che lui aveva percepito. Qualche cosa che lui si era rifiutato di rivelarle.
Elisabeth si scosse e tornò al presente: dall’interno del maniero si levava una musica.
La mente fu penetrata lentamente dalla vibrazione delle note. La melodia cavalcava la brezza.
Decise di rientrare.
Il cuore di pietra era ancora troppo pesante ma i piedi la portarono comunque fino all’interno del maniero.
Nel salone delle feste vide solo Ethan, in piedi, accanto allo stereo: ruotava la manopola per abbassare il volume. L’altra mano smise di ondeggiare diafana nell’aria.
«Una vita normale? Non ti piacerebbe?» mormorò Ethan senza voltarsi.
Gli occhi di Liz gli accarezzarono i lucenti capelli neri, il profilo candido delle mani nervose. E interrogò se stessa. L’amore di Ethan, la grande felicità di stare finalmente con lui… Perché non le poteva bastare? Un futuro da persone normali oltre che impossibile era davvero così tanto desiderabile per lei? Smise di fare finta di respirare.
Lo sguardo vagò lontano.
Decorazioni brillavano in ogni angolo. Campanelli di cristallo erano appesi all’archinvolto di ognuna delle grandi finestre. Tintinnavano al vento.
C’erano raffiche impetuose. Il temporale si avvicinava e la sera era incupita da grandi nuvole nere. Si ammassavano veloci tra le punte degli alberi sopra le loro teste.
Una scossa elettrica la avvertì che i muscoli di Ethan erano entrati in tensione.
Proprio in quel momento. Si udì il passo irregolare di Tristan.
Capelli biondi sparati in ogni direzione, incorniciavano il viso magro eccitato. Tra le braccia teneva il grande involto portato da Kaway.
«Ecco qua, – disse Tristan e commentò – Christabel è in giro con Matthew ovviamente» e depositò il fardello.
Nel giro di qualche minuto anche gli altri membri della famiglia raggiunsero il salone. A un cenno, da ogni angolo, si avvicinarono e ognuno saettò fino al proprio posto sui divani.
Tristan aprì il pacco.
Un ammasso verde fu tutto ciò che Liz vide quando la carta si schiuse. «Ghirlande hawaiane! …Le dovete indossare proprio tutti, queste…» annunciò Tristan…
«Noo» si ribellò Ethan.
«Sono ghirlande molto speciali. Non discutere fratello…» intimò Tristan. E continuò:
«E questa con i fiori rossi è quella di Pamela… Sotto il prossimo! Ma quando torna Christabel?».
Liz si premurò di rassicurarlo: «Lei e Matthew sono alle prese con una renna… Sai com’è Christabel con gli animali… Ha appena chiamato…» spiegò.
Un sibilo risuonò nettamente, Pamela non era molto d’accordo con quelle escursioni di Christabel.
Elisabeth immaginò punto per punto le riflessioni della cognata.
Era innaturale che la ragazzina passasse tanto tempo con un vampiro. Tanto più innaturale in considerazione del fatto che Christabel sfruttava il dono di Matthew di trasformarsi in animale. per avvicinarsi agli animali e accarezzarli invece di ucciderli.
Elisabeth si scosse e non potè che convenire con se stessa che Pamela non aveva tutti torti. Lui invece gli animali, li uccideva per abbeverarsi del loro sangue!
Quale dovesse essere la conclusione di quelle riflessioni nei pensieri di Pamela, per Liz non era un mistero. Per Pamela Rochester l’indole di Christabel andava scoraggiata. Come avrebbe fatto Christabel un giorno, a uccidere animali per berne il sangue?
La voce di Tristan riportò Elisabeth alla realtà. Stava dicendo qualcosa a proposito dei fiori.
«Queste le ghirlande. Bene, – disse Tristan – osservatele attentamente!»
Non c’era bisogno dell’esortazione. Tutti stavano fissando le collane, in realtà. La testa di Liz si inclinò di lato fissando Pamela.
Il nasino aristocratico della cognata si arricciò. Una zanzara le girava con insistenza attorno al viso.
Pamela si ritrasse. Come abbagliati, gli occhi verdi fissarono il ventre gonfio e traslucido dell’insetto… Era pieno di sangue… Ed era sangue umano dall’odore.
La faccia di Pamela alle prese con la zanzara era davvero buffa.
La mano di Liz volò alla bocca per nascondere il sorriso.
Ma la zanzara, alla fine, si precipitò all’interno di un calice scarlatto della ghirlanda.
«Presto, prendila» rise Tristan.
Pamela balbettò con una smorfia: «Che cosa?»
Tristan non perse tempo e, con pollice e indice, dalla sacca del fiore estrasse l’insetto.
L’animale si divincolava tra le dita.
Senza pietà se lo mise in bocca, tuttavia, e succhiò. Un guscio vuoto come di un microscopico gamberetto grigio fu tutto ciò che infine, rimase. Una zanzara vuota sul fondo brillante di un posacenere.
«Sangue! – esclamò trionfante Tristan – Sangue umano!»
«Davvero?» Esclamò Liz.
Lo stupore silenzioso nel salone durò un istante poi uno scoppio di risate saturò lo spazio acustico…
«Nephentes … Sono piante carnivore …» spiegò il volto emaciato di Tristan.
L’ilarità generale fu interrotta bruscamente dal sibilo di Pamela.
«Fermi tutti!» intimò con viso contratto «Se era sangue umano… Ci deve essere qualcuno.»
Tutti scoppiarono a ridere tranne Pamela.
Liz spiegò: «Si è installato un campeggio di scout, non lontano» rise. Ne aveva messo a parte Tristan per telefono prima che lui partisse da Kaway, doveva essere per questo che lui aveva deciso di acquistare le piante carnivore. Evidentemente all’insaputa della moglie.
«Bene, spostiamoci al tavolo» disse Zachary alzandosi. Con un gesto della mano invitò gli altri a seguirlo.
Ognuno prese il proprio posto attorno al tavolo scuro e lunghissimo.
I Rochester si apprestavano ad affrontare l’argomento del giorno.
Le labbra di Liz emisero un sospiro sofferente. Era giunto il momento.
Tutti presero posto prima di lei, ognuno con indosso la propria ghirlanda. E sopra il tavolo cominciò a formarsi un nugolo di zanzare.
«Non male vero?» Tristan aveva appena risucchiato un insetto bello grasso.
Pamela si leccò le labbra con aria deliziata.
«Un po’ d’attenzione! – chiese Zachary bonariamente – Abbiamo diversi argomenti.»
«Ma non era una festa?» sbuffò Pamela.
«Innanzitutto celebrare la vittoria non basta. Dobbiamo chiederci se la questione è chiusa» continuò il capofamiglia.
«I Quirites devono essersi schermati. Faccio molta fatica a “captare” l’aura di Lenith e anche degli altri…» disse Tristan.
«Ho un’idea che potrebbe tornare utile... a questo proposito» annunciò Ethan deciso.
Non aveva perso tempo. I cuore di Liz si sbriciolò. Contrasse la mascella e serrò le palpebre. Che cosa contava se Liz non era d’accordo! Testardo di un vampiro… La rabbia annullò tutti i sensi…
Quando Elisabeth riaprì gli occhi vide però che tutti gli altri erano balzati in piedi. Roteò intorno lo sguardo chiedendosi che cosa stava succedendo. Perché gli altri erano in allerta improvvisamente?
In quell’istante, un tintinnio furioso risuonò nella casa, poi… un infrangersi di vetri rotti.
I vampiri fluirono in un secondo in direzione del rumore e Liz li seguì. Si smaterializzò per ricomparire in salotto.
Si ritrovò acquattata in posizione d’attacco, pronta a saltare alla gola dell’intruso.
La sagoma di un macigno d’uomo era china nello specchio della finestra. Stava cercando di raccogliere qualcosa. Poi gli occhi misero a fuoco.
Era Matthew!
Pamela, Tristan ed Ethan gli erano già addosso. Un ringhio furioso fece tremare i vetri.
L’aitante vampiro fermo all’età dei suoi sedici anni, fece volare Tristan dall’altro lato della stanza. Dopotutto era Drago dei Tessali, anche se conosciuto da tutti a Forres come Mathew Rochester aveva una forza incontenibile.
«Matthew!» ansimò Liz. La nebbia d’odio che le aveva accecato gli occhi si era definitivamente diradata.
Soffiando e ruggendo tutti riguadagnarono la calma. Mollarono Matthew che ancora si divincolava.
Tristan scosse la testa e si rivolse al ragazzo: «Non ho percepito il tuo arrivo. Pensava ai Quirites… Perchè entri così?»
Il viso di Pamela sembrava di ghiaccio: «Perché entri di soppiatto, dov’è Christabel?»
«Sono qui mamma, non preoccuparti!» la voce argentina di Christabel penetrò dall’esterno.
Etan si avvicinò al vetro e lo sguardo andò alla radura sottostante.
Una pallida ragazzina di tredici anni rivolgeva allo zio gli occhi color sottobosco.
Aveva l’aria più innocente del mondo. E… Di fianco a lei, un’altra umana. Alle lampade notturne del giardino sembrava …Endora.
La mente di Ethan cercò inutilmente di schiarire i pensieri.
«Va tutto bene Christabel?»
«Sì volevo farvi una sorpresa.»
«Te l’avevo detto che non mi sembrava una buona idea quella di entrare dalla finestra» La voce di Matthew risuonò dolce e affettuosa. Il petto aveva smesso di ringhiare.
Liz sorrise. «Volete spiegare anche a me?» chiese impaziente.
«Arriviamo, un’attimo.»
«Come, “arriviamo”?»
«È con tua madre» spiegò Ethan lentamente.
Gli occhi di Liz rotearono smarriti. Endora? Da quando era ritornata a Forres? E che c’entrava Christabel!
«Ecco a chi apparteneva il sangue di quelle zanzare» osservò Pamela laconica.
«Come “Endora”?» chiese Liz ancora immobile. Le mani presero a massaggiare le tempie freneticamente. Oddio Endora, non la vedeva da due anni… da prima dello scontro di Loch Ness da quando Elisabeth era assolutamente umana. L’espressione di Liz si fece sempre più preoccupata, le sopracciglia inclinate in segno di desolazione e la bocca semiaperta. Le braccia abbandonate lungo i fianchi. E ora?
Ethan fece a malapena in tempo ad annuire. Endora Campbell stava entrando in soggiorno.
Endora le gettò le braccia al collo: «Oh Liz, Liz, Quasi due anni!…»
«Zia Elisabeth! Lei non vuol credere che io sia tua nipote!» protestò Christabel.
«Che strano!» bisbigliò Pamela.
Ethan le riservò un’occhiataccia.
«Prima o poi, bisognerà affrontare la questione della “maturità” di questa bambina» osservò Tristan allontanandosi.
Endora riprese concitata: «Come sei fredda, Liz, questa ragazzina mi ha riempito la testa di cose assurde…»
Gli occhi vivaci e acquosi della madre, si appuntarono pieni di speranza: «Liz…Christabel non può essere figlia di Pamela!…»
Come poteva la madre anche solo lontanamente accettare l’idea che a una coppia di ventenni fosse data in adozione una ragazza di tredici anni? Gli occhi cercarono soccorso in giro alla ricerca di una riposta plausibile.
«Liz… Allora?» chiese Endora.
Ma la domanda non ottenne risposta.
Le palpebre di Liz si abbassarono. Nella mente tre semplici parole: “tradimento del segreto”.
«Ve l’avevo detto io…» sibilò Pamela raggiungendo Tristan in un angolo buio. «Adesso lo dirà al suo prossimo marito, e così via in una catena senza fine…»
Christabel si accostò a Endora e le mise un braccio intorno alle spalle: «Perché non vuoi credere di essere la mia prozia?»
Il viso di Endora con espressione esterrefatta si voltò verso la ragazzina.
Zachary inspirò profondamente: «Che cosa possiamo offrirle per cena?»
«Oh, grazie! Quello che c’è va benissimo» affettò Endora.
«Davvero?» chiese Pamela acchiappando una zanzara e ficcandosela in bocca.
Gli occhi di Liz strabuzzarono. Era davvero troppo. Endora aveva un’espressione inorridita e la supplicava con gli occhi. Che cosa poteva dirle? E poi la stava fissando con aria strana… Le lenti! I denti di Liz si stritolarono gli uni con gli altri. C’era ancora una velatura lattiginosa sull’iride…
«Liz, tesoro, che colore strano i tuoi occhi!»
Le palpebre di Liz si abbassarono istintivamente. I pugni si strinsero. Erano già mesi che non indossava più le lenti a contatto… Certo però a una madre non poteva sfuggire anche una piccola variazione di colore!
Una mano le sfiorò dolcemente il corpo. Cingendola alla vita. Tuffandosile nei capelli, Ethan bisbigliò: «Abbiamo tutti gli occhi velati questa sera.»
Gli occhi cercarono quelli solitamente blu pervinca di Ethan. Vi vide una opalescenza lattiginosa.
«Le zanzare!» le mormorò.
«Volete spiegarmi che cosa state dicendo?» Protestò Endora con voce acuta. «Vi vedo muovere la bocca ma non sento una parola!»

Di lì a un paio d’ore, Endora sgranò gli occhi incredula: «Ma ma – balbettò – intendete dire che sono io il vostro pasto?»
Per la ennesima volta, scivolò esanime di lato sul divano capitonnè.
Le braccia di Liz si lasciarono ciondolare lungo i fianchi. Per tutta la sera Endora non aveva fatto altro che svenire. A nulla erano serviti i “cordiali”. La bottiglia di cognac era quasi vuota ed Endora stava sempre peggio. La storia via, via, era saltata fuori per intero. Tutto sui vampiri, tutto sul temerario amore di Liz per Ethan… Tutto sull’adozione drammatica di Christabel, tutto sulla sieropositività della ragazza… E tutto sulla realtà di Liz, sul fatto che fosse, ora come ora, una “non viva”… Tutto sul fatto che il destino naturale di Liz sarebbe stato quello di cenare con il sangue di sua madre… E, come se non bastasse, Pamela aveva commentato che l’idea non era da scartare!
Un’unica preoccupazione era stata risparmiata a Endora. Del resto sarebbe stato troppo. La profezia su Elisabeth le era stata taciuta. In particolare il fatto che la profezia avesse scatenato contro i Rochester, Lenith e i Quirites nello scontro di Loch Ness… con tutti i dettagli cruenti della faccenda…
Ethan dal canto suo era lì, ora, in silenzio accigliato. Porgeva il braccio a Endora per condurla all’auto.
«Non voglio andarmene, Liz deve venire con me…» protestava Endora mezza ubriaca.
«Sì Endora, vengo con te, vedi…» Liz cercò di sostenerla.
«Forse non sarebbe una cattiva idea farla riposare qui…» Zachary ripetè l’offerta di ospitarla.
Ethan tuttavia fu irremovibile.
«Sarà bene che ciascuno, ritorni al proprio mondo» masticò tra i denti. La testa di Liz si abbassò lentamente. Era come se lui le stesse dicendo che Endora non apparteneva alla loro banda di demoni. Era del mondo di fuori, fatto di caffetterie, di strade e di mutui da pagare…
A testa bassa, Liz si diresse alla macchina.
Insieme, con due auto, accompagnarono Endora fino alla vecchia casetta azzurra di Forres.
Quando giunsero in città ed Endora scese dall’auto, gli occhi di Elisabeth la seguirono armeggiare con le chiavi e scivolare all’interno. Nella facciata tutto era rimasto uguale a quando Ethan veniva a prendere Elisabeth sottocasa pochi anni prima. Tutto era diverso ora. Dal petto emerse un sospiro grave. Sarebbe stato molto meglio se Endora fosse rimasta a Gibilterra con Mr. Peabody. Sarebbe stato davvero molto meglio, adesso poteva succedere di tutto, non si poteva certo pretendere che i Rochester si mettessero completamente nelle mani di una estranea. Fosse stata un tipo affidabile poi!
Elisabeth ricapitolò tutte le decisioni improvvise di Endora e i trasferimenti da una città all’altra. Quella di trascinare Elisabeth da Gibilterra a Forres era stata la prima follia quattro anni prima e poi poco dopo il matrimono con Ethan, di punto in bianco: “Ciao sono a Gibilterra da Archibald Peabody, il suo pub…”.
Le chiacchiere inutili di Endora nel cellulare erano ancora tutte nelle orecchie. Così, dall’oggi al domani, mentre Liz la credeva a Forres, lei invece telefonava: “Sai cara il tal dei tali mi ha fatto un’offerta, quel vedovo a modo, una vecchia fiamma ha un pub da capogiro…”
Endora era la volubilità fatta persona. Del tutto inadatta a custodire il segreto di una figlia vampiro e di una intera genia di non morti come parenti stretti.

«Che cosa facciamo?» stava dicendo Tristan quando Liz e Ethan rientrarono al maniero.
All’interno di casa Rochester, con l’uscita di Mrs. Campbell, era tornata la vita.
Pamela e Tristan camminavano e gesticolavano nervosamente. Ogni copertura stava sgretolandosi.
«Non la possiamo lasciare in circolazione, libera di raccontare tutto a chicchessia» esplose Pamela.
Le mani di Ethan si chiusero sulla fronte mentre il busto si accasciava su una sedia.
Le dita di Liz gli scivolarono timidamente fino alla nuca e si arrestarono sulla spalla.
«Endora è il problema» ammise Liz con un filo di voce.
«Di eliminarla non se ne parla» disse Ethan pensoso.
Eliminarla? Gli occhi di Liz cercarono il volto di Ethan, esterrefatti.
Lui continuò come nulla fosse: «E a trasformarla si sposterebbe solamente il problema…»
«Ammazziamo anche parenti ed amici…» disse Pamela con sarcasmo.
«Conclusione: non possiamo fare assolutamente nulla» terminò Ethan con voce tagliente. Non avrebbe permesso che un capello fosse torto alla madre di Liz. Come se non bastasse il male già fatto.
«Siamo nelle mani della sorte» osservò Tristan meditabondo «In effetti qualsiasi cosa dica una come Endora, nessuno le crederà… Nessuno si disturberà a far nulla di più che darle una pacca su una spalla. A quel punto, lei chiederà a qualcuno di confermare.»
Liz si affannò con un filo di voce: «E chi potrebbe?»
Le labbra si forzarono in un sorriso incerto che divenne una smorfia disarticolata. Era mai possibile che i Rochester si fossero imbattuti proprio in una famiglia disatrosa come i Campbell!
Poi… Ethan! Sempre attento a ogni esigenza … Sempre pronto a soddisfarle ogni più piccolo bisogno… Dover sopportare una suocera tanto invadente!
“Di eliminare la madre di Liz non se ne parla” aveva detto Ethan. Aveva parlato come se lei neppure ci fosse. E poi c’era stata Pamela. “Una come Endora, anche se parla, tutt’al più le danno una pacca su una spalla”. Un brivido le fece tremare le spalle. Povera mamma. “Una povera cretina”... Sì, magari un po’ svampita lo era. I polmoni si Liz si dilatarono a introiettare dell’aria inutile.
Il capo di Ethan si abbandonò sullo schienale del divano. La situazione era incresciosa ma forse c’era tempo. O no?
Ethan spiò di sottecchi Pamela: stava rilassandosi in un angolo fingendo di fumare una sigaretta. Aveva ancora l’aspirazione a sembrare umana.
Una ruga profonda segnò la fronte di Ethan. Bisognava essere certi che lei non macchinasse qualcosa.
Lo sguardo andò istintivamente a Tristan.
Era seduto al grande tavolo. Aveva le dita allargate sul legno, il mento abbassato e la pelle tesa sulla fronte… lo sguardo perso in basso, nel nulla. Poi la fronte si corrugò e la bocca emise un lungo soffio irritato.
Gli occhi di Ethan si spostarono alle prime gocce di pioggia sui vetri. Niente nuove da Tristan. E Pamela, con tutto quello scimmiottare gli umani…
Ethan le avrebbe fornito materia su cui concentrare le proprie energie.




Vai al prossimo capitolo: 3. Immortalità

Edited by folgorata - 5/9/2009, 18:18
 
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