Renesmee
Mamma e papà erano andati a caccia e zia Rosalie sarebbe arrivata nel giro di pochi minuti, così mi lasciai cadere a peso morto sul bellissimo divano di pelle bianca del salotto di casa mia. Fissai per minuti interminabili il soffitto, senza saper che fare o pensare. Mi sarebbe piaciuto trovare una crepa su quel cemento bianco, ma come ogni cosa della mia vita era perfettamente tenuta in ordine, mantenendo una perfezione quasi spaventosa. Giusto per ricordarmi che io non ero un essere perfetto come i miei famigliari. Giusto per ricordarmi che io ero diversa.
Sapevo che Jacob avrebbe dovuto montare il turno di guardia dopo la mezzanotte, quindi non capii subito il motivo di quell’intrusione, quando all’improvviso i suoi pugni fecero tremare la porta d’ingresso.
-I tuoi ti lasciano andare ad Harvard?- suonò più come un insulto che come una domanda, ma decisi di ignorare quella sua frecciata e lo invitai ad entrare in casa.
-Sì, sono felici che io voglia imparare qualcosa- risposi lasciando intendere che ero ancora arrabbiata con lui, perché aveva pensato a sé stesso invece di pensare a cosa Harvard significasse per me.
-Bè, allora spero che ti prendano- doveva essere un augurio, ma detto con quel tono non lo sembrò affatto. Jacob non si mosse, rimase fermo sull’entrata.
Non gli avrei dato la soddisfazione di perdere le staffe, così con il tono più gentile che riuscii a trovare risposi: –Grazie. C’era qualcos’altro che volevi dirmi?-
-No, niente-
-Bene- lo congedai, lasciandomi scappare un tono acido e quando lui chinò il capo per salutarmi, un saluto aggressivo, gli chiusi la porta in faccia.
Tirai un sospiro lungo e profondo, mentre la mia schiena aderiva al legno della porta, lasciando che il mio corpo scivolasse a terra a contatto del pavimento gelido. Mi faceva male la testa, così male che pensai fosse sul punto di scoppiare, causa sovraccarico di emozioni.
Come mio solito non pensai. Non pensai che avrei messo a rischio tutta la mia famiglia, che sarei stata un perfetto bersaglio per i nemici che non si erano ancora fatti vivi e che, molto probabilmente, aspettavano un mio passo falso. Non pensai che avrei anche messo in pericolo una mortale che non sapeva nulla di licantropi e vampiri.
Lasciai che la rabbia e la voglia di ribellione presero il controllo, disobbedii alla promessa che settimane prima avevo fatto a Jacob, disobbedii alla sua richiesta di stare attenta e non commettere stupidaggini.
Salii come un razzo in camera, afferrai il cellulare e chiamai l’unica persona che volevo sentire in quel momento.
-Emma, sono Renesmee- dissi quando lei rispose alla mia chiamata.
-Nessie!- esclamò sorpresa la mia amica –Ma che fine hai fatto? Non sei più venuta a scuola e non hai mai risposto ai miei messaggi...-
-Ti spiegherò tutto più tardi- improvvisai, mi sarei inventata una scusa mentre andavo da lei. –Che fai stasera?-
-E’ sabato- concluse lei –Il capitano della squadra di football della nostra scuola dà una festa-
-Allora è deciso, ci andiamo- le annunciai, non ero felice di andare ad una festa di teenager in piena crisi ormonale, ma dovevo allontanarmi da quella casa, dalla mia famiglia, da ciò che ero.
Solo per qualche ora, non se ne sarebbe accorto nessuno. Che cosa poteva succedere?
Dovrei smetterla di chiedermi che cosa potrebbe mai andare storto!
Avevo preso in “prestito” la Volvo che i miei avevano tenuto, perché Bella ancora non si era abituata alla sua Ferrari. Fui felice di quella scelta perché una decappottabile, un SUV o una macchina da corsa non sarebbero mai passate inosservato.
Andai a prendere Emma sotto casa e ripartimmo, dirette verso la festa.
-Sai le migliori amiche dovrebbero dirsi tutto- fece Emma, mentre un lungo silenzio si era fatto largo tra noi.
Strinsi forte le mani sul volante e fissai diritto la strada, davanti a me. -Mi dispiace-
-Non ti devi scusare- rispose seccata Emma –Non sono arrabbiata. E’ che non capisco, siamo amiche. Ci siamo sempre dette tutto, cosa c’è stavolta? Cosa non mi vuoi dire?-
Mi morsi la lingua. Emma credeva che tra me e lei non ci fossero segreti, che fossimo quasi due sorelle. Io avrei voluto, davvero tanto. Ma non potevo coinvolgerla nella mia vita, non l’avrebbe sopportato e volevo che vivesse una vita normale, ignorando l’esistenza dei muta forma e dei bevitori di sangue.
-Non è che non voglio, io non posso dirtelo-
-Come no- disse, battendo i pugni sulle gambe, coperte dal bellissimo vestito di seta viola che aveva indossato per la festa.
-Emma, hai mai custodito un segreto? Qualcosa che non puoi dire a nessuno?-
-No, perché decido io cosa dire e a chi voglio dirla-
-E se io avessi promesso a qualcuno di custodire questo segreto? Se servisse a proteggere le persone che amo, capiresti?-
Spostai il mio sguardo su di lei. Mi fissava attentamente, come se dai miei occhi potesse estorcere il mio grande segreto. I suoi bellissimi occhi verdi smeraldo, gli occhi della mia migliore amica. La persona a cui avrei voluto raccontare tutto: la paura di perdere la mia famiglia per colpa dei Volturi, il terrore di non essere all’altezza dello scontro e di non poter salvare coloro che amavo. La confusione che si era creata tra me e Jacob. Avrei voluto parlare dei nuovi sentimenti che ultimamente si erano fatti strada dentro di me, probabilmente lei mi avrebbe aiutato a capire, ma non potevo farle questo.
No, lei doveva vivere. Vivere una vita vera, dove nessun licantropo o vampiro avrebbe potuto tormentare i suoi sogni.
-No, non capirei- disse in un sospiro –ma accetterei comunque la tua scelta-
Il cuore mi si riempii di gioia. Le rivolsi un sorriso caloroso e fui lieta di vedere Emma ricambiare. In quel momento non potevo pretendere che mi capisse, avevo solo bisogno che mi stesse vicina.
-Fammi indovinare- disse poi con tono scherzoso –centra con Jacob, vero?-
Evitai di voltarmi verso di lei e guardarla con occhi sgranati, così lasciai che le mie unghie affondassero nel volante mentre rispondevo con finta ironia: -Dio, ma tu sei fissata!-
-Ehi, di che ti lamenti? Ce l’avessi io un migliore amico così figo che mi guarda come Jake guarda te!-
-Che razza di pervertita- commentai, alzando gli occhi al cielo. Mi era mancata la sua ilarità nel mese in cui le ero stata lontana, ora ricordavo perché le volessi tanto bene e del perché avevo disubbidito ai miei genitori, nel stringere un legame così forte con un umana, al di fuori di nonno Charlie e della tribù di Jacob.
-Sì certo, quando tu e Mr Muscoli vi metterete insieme ti rifilerò una bella sberla-
Certo, a vedere come stavano andando le cose in quel periodo, probabilmente io e Jake non saremmo più rimasti nemmeno amici.
-Mr Muscoli?- domandai ridendo, divertita dal soprannome che aveva affibiato a Jacob.
-Bè non venirmi a dire che non li hai mai guardati!- fece Emma, sorridendo all’idea.
Cercai di non pensare a quanto fosse fuori di testa quella ragazza e al fatto che, l’essere così ossessionata dal fatto che io e il mio migliore amico dovevamo assolutamente metterci insieme, non era una cosa tanto normale.
Arrivammo alla festa qualche minuto più tardi e mi pentii della decisione che avevo preso nell’esatto momento in cui varcai la soglia della porta.
Avevo indossato un vestito che zia Alice mi aveva comprato tempo fa, nella speranza che rinsanissi e trovassi il buon gusto in fatto di abbigliamento.
Era la prima volta che lo mettevo e mi sentivo a disagio. Il vestito era fatto di seta, morbida e leggera, color blu notte. Si legava dietro al collo e si apriva sul petto con uno scollo a V, lasciando intravedere le mie forme. Il vestito aderiva perfettamente al mio corpo fin sotto il seno, da dove il tessuto scendeva morbido, slanciando le mie lunghe gambe. Sui bordi della gonna erano disegnati dei piccoli fiorellini neri, intonati alla scarpe. Era anche la prima volta che indossavo i tacchi per così tanto tempo e giurai che sarebbe stata l’ultima, Rachel poteva anche essere la persona più buona dell’universo, ma non avrei mai tenuto quelle trappole mortali per un’intera giornata! Come diavolo facevano Alice, Rosalie ed Esme a stare su quei trampoli per tutto il giorno?
Non mi divertii particolarmente, perché la musica così alta mi distruggeva i timpani, muniti di un udito eccezionale e la mia vista ultrasensibile non reagii bene a tutto quel buio e alle luci che andavano e venivano.
Comunque fu liberatorio passare qualche ora senza doversi preoccupare di Volturi, lettere di ammissioni per l’università e licantropi con il cuore infranto.
Le cose cominciarono ad andare male quando un ragazzo mi chiese di ballare. Era più alto di me di qualche centimetro, un sorriso smagliante, i capelli biondi e gli occhi verdi.
Bello da mozzare il fiato, ma non tanto bello quanto Jacob.
Oh Dio, l’ho pensato davvero?All’inizio avevo pensato di rifiutare l’invito, ma quel pensiero mi diede la spinta necessaria per accettare.
Ballai con quel ragazzo e fu orribile: cercò di sfiorare ogni parte del mio corpo, per poi toccarmi con mani più aggressive. Lo respinsi spesso, senza però riuscire mai a staccarmelo di dosso. Mi teneva stretta nel suo sudicio abbraccio, non sapeva che avrei potuto sbatterlo contro il muro o dargli un pugno in faccia che lo avrebbe lasciato privo di sensi per ore, ma non potevo fare nessuna di queste cose, non in una sala piena di gente.
La goccia che fece traboccare il vaso fu quando tentò di baciarmi, cercai di allontanarlo ma il ragazzo mi strinse i polsi con una mano e con l’altra afferrò il mio viso e lo avvicinò al suo.
Che stupida, mi ero fatta immobilizzare troppo facilmente. Per giunta da un essere umano!
Non feci nemmeno in tempo a pensare a come lo avrei colpito, un semplice calcio in pancia sarebbe bastato a levarmelo di torno, ma l’idea mi venne in mente troppo tardi. Una figura alta e possente si era già avventata su di lui, dividendomi da quel verme.
-Che cosa credevi di fare?- non ebbi bisogno di guardare in faccia l’aggressore, la voce tremolante e rabbiosa di Jacob l’avrei riconosciuta ovunque.
Il ragazzo dagli occhi verdi non rispose, era rimasto sbalordito dalla velocità e dalla forza con cui Jake lo aveva strattonato via da me.
Senza il minimo sforzo, il mio migliore amico lo sollevò per il colletto della camicia. -Vedi di stare lontano da lei- poi lo fece ricadere sul pavimento con un tonfo sordo e il tizio non se lo fece ripetere una seconda volta, si girò e sparii tra la folla.
Io ero rimasta ferma per tutto il tempo, con la bocca spalancata e un’espressione da pesce lesso sulla faccia, poi la mano calda di Jacob si strinse nella mia e con forza mi strattonò via con sé.
-Hai la minima idea del casino che hai combinato?- mi urlò contro, usciti dalla casa. Eravamo sul vialetto, a pochi metri dalla moto con cui Jacob era venuto a recuperarmi, la musica della festa rimbombava per tutto il vicinato e degli strani tizi erano sdraiati sul giardino, incapaci di rialzarsi per il troppo alcool.
–Ti stanno cercando tutti e sono tutti molto preoccupati per te. Si può sapere cosa diavolo ti è saltato in testa?-
Non risposi e non lo guardai in faccia. Ero stata così egoista, avevo messo in pericolo tutta la mia famiglia per un mio piccolo capriccio e per avere litigato con Jake.
-Nessie, guardami!- mi ordinò e io obbedii. Mi sentii morire quando lessi nei suoi occhi quanto lo avessi fatto stare in pena. La rabbia che dimostrava mentre mi parlava era solo un modo per sfogare tutte le sue preoccupazioni.
–Dimmelo, ti prego. Perché non so proprio che cosa pensare, dimmi che non sei stata così stupida da prendere e sparire via così! Anche se lo trovo difficile visto che: prima te ne vuoi andare in un college lontano chilometri da me, scappi senza dire niente a nessuno e infine, dopo avere girato in tondo come uno idiota, temendo il peggio, ti trovo ad una stupida festa abbracciata al primo che passa! Cos’è ti diverte tanto vedermi stare male per te?-
-No- fu l’unica parola che uscii dalla mia bocca. Un suono appena percettibile.
-No, cosa?- chiese di nuovo Jacob, più arrabbiato che mai.
-No, non mi diverto a vederti soffrire- gli sbottai contro, quando il suo tono di voce iniziò a darmi sui nervi. Come poteva credere che desiderassi la sua sofferenza? Sapeva benissimo che se stava male lui, stavo male anche io. Avevo sempre desiderato la sua presenza, sentivo sempre la necessità di averlo al mio fianco, gli avevo dato mille dimostrazioni del mio affetto. Come poteva solo dubitare di me e di
noi?
– Ma se ho fatto quello che ho fatto è perché la persona più importante della mia vita, il mio migliore amico, mi ha dato dell’egoista quando gli ho rivelato che ho intenzione di fare qualcosa della mia vita-
Jacob rimase senza parole, una volta tanto, e stavolta fu il mio turno di buttare fuori tutte le mie angosce. -Lo sai come ci si sente ad essere sempre quella da proteggere? A vedere tutta la tua famiglia che mette a rischio la vita per salvarti mentre tu non puoi fare niente? Voglio vedere il mondo Jake. Voglio studiare, prendere la laurea e anche se non lavorerò mai, perché non potrò rimanere nello stesso posto a lungo, voglio rendermi utile. Quando mi hai detto che Harvard era una scelta sbagliata e che ero stata un’egoista a non pensare a noi due, mi sono sentita morire-
Non volevo piangere, non piangevo mai di solito, se non per cose importanti ma non riuscii a trattenere le lacrime e mi odiai per questo, non volevo dimostrarmi debole.
Il dolore che mi aveva provocato la disapprovazione di Jacob era troppo forte. In genere ogni volta che mi succedeva qualcosa, sia bella che brutta, il primo pensiero che mi sfiorava la mente era: “devo dirlo subito a Jake!”. E quando zio Emmet faceva una battuta, mi voltavo sempre per vedere se anche lui stava ridendo.
Sapere che il mio migliore amico non condivideva la mia scelta di andare ad Harvard mi aveva lacerata. -Non ti avrei mai chiesto di scegliere fra il tuo branco e me- dissi infine.
-Il problema qui non è se mi vuoi con te ad Harvard. Il problema è che io non voglio che tu vada-
-No, non lo dire.- dissi e sembrò una supplica. - Non sei un ipocrita, Jacob.-
-E invece lo sono!- non si era mai rivolto a me in quel tono. Sembrava arrabbiato, perché stava urlando come un pazzo ma in realtà era solo distrutto dal dolore. Un dolore che non riuscivo a capire, era come se qualcosa lo stesse frustrando. C’era qualcosa che non mi voleva dire, perché voleva che ci arrivassi da sola. Forse era questo che lo esasperava, il fatto che fossi così cieca da non capire una cosa che per lui era talmente ovvia.
- Cristo, Nessie ma non l’hai ancora capito? Io non voglio che tu te ne vada perché non sopporterei la tua mancanza. Non sono forte come credi, non quando si tratta di te. Non sono capace di starti lontano e non voglio nemmeno farlo.-
Quella rivelazione mi lasciò esterrefatta. In realtà, ora che ci pensavo bene, avrei dovuto davvero capirlo da sola. Era così palese, ma non ci ero arrivata. O forse, semplicemente, non avevo voluto capirlo.
Jacob lasciò passare qualche minuto e, quando seppe che non avrei detto nulla, fece dei lunghi e lenti passi verso di me, come se non fosse ancora del tutto convinto di quello che stava per fare. Ma alla fine mi raggiunse, si mise davanti a me, oscurandomi con la sua stazza. Mi prese il mento nella sua mano forte e calda e, con il pollice, accarezzò il profilo del mio viso.
Poi si chinò leggermente verso di me e allo stesso tempo, alzò il mio viso di qualche millimetro, e mi baciò. Non fu un bacio lungo e appassionato, né tantomeno dolce.
Appoggiò le labbra sulle mie con forza, come se stesse rivendicando un suo diritto, come se fossi
sua.
Ma non socchiuse la bacca e non intensificò quel nostro primo bacio. Il mio primo bacio.
Io non opposi resistenza, a causa della troppa sorpresa, ma prima che potessi anche solo realizzare che cosa stavamo facendo, Jacob si scostò. Sciolse il mio viso dalla sua stretta e si mise la mano in tasca. Gli occhi erano spalancati, come se nemmeno lui si fosse reso conto di quello che aveva appena fatto. Rimase lì a pochissimi centimetri da me, abbassò leggermente lo sguardo, osservando con attenzione il mio vestito. Non era abituato a vedermi in quella versione.
-Sei molto bella- sussurrò, probabilmente sperando che non l’avessi sentito.
Senza aggiungere altro e senza guardarmi in faccia, si voltò e a passi veloci, raggiunse la sua moto.
Rimasi ferma imbambolata ancora per qualche secondo.
Non ci potevo credere. Era successo. Jacob. Il mio migliore amico, mi aveva baciata.
Quante volte Emma mi aveva parlato di questo momento? Aveva passato ogni giorno dell’anno scolastico a riempirmi la testa di strane fantasie in cui io e Jacob, finalmente, rivelavamo i nostri sentimenti per poi concludere la bella scenetta con un lungo e dolce bacio.
Bè non era andata proprio come Emma si era immaginata.
Emma….
Emma! Dov’era finita?
Feci per voltarmi e andare a cercarla, non potevo lasciarla lì, in mezzo a tutti quei sudici ubriaconi, ma prima di rientrare in casa a cercare la mia migliore amica, guardai Jacob.
Una stranissima sensazione mi pervase. Chi poteva pensare che, dopo un bacio, Jake mi sarebbe sembrata una persona totalmente diversa?
Fu come se qualcuno avesse tolto un velo, un velo che aveva reso i miei occhi ciechi. Vidi Jacob per la prima volta, in quell’istante tutto sembrò perfettamente chiaro. Tutto ciò che volevo, tutto ciò di cui avevo bisogno e che fino a quel momento non avevo mai sospettato mi mancasse. Quell’immagine mi sarebbe rimasta impressa per tutta l’eternità, nulla avrebbe potuto essere così chiaro; in sette anni della mia vita, dalla prima volta che avevo visto Jacob, dalla volta in cui, pochi minuti dopo la mia nascita, il mio migliore amico era entrato nella stanza in cui Rosalie mi teneva cullata tra le braccia, avevo visto gli occhi pieni d’odio del mio assassino mutare in occhi pieni d’amore, di quel ragazzo, l’unico ragazzo che avrei mai potuto amare.
-Jake- lo chiamai, ma lui fece finta di non sentirmi.
Gli corsi dietro, mentre lui stava già tirando fuori il casco dal sottosella della moto. –Jake, guardami!- lo strattonai per un braccio e lo costrinsi a voltarsi.
Quando lui si girò e posò il suo sguardo sul mio, il mio cuore fece un salto.
Lo afferrai con forza per il colletto della giacca e lo strinsi a me, cercai con avidità la sua bocca e quando la trovai, lo baciai con la stessa forza che lui aveva usato prima.
Senza aspettare una sua reazione, schiusi le labbra e approfondii il bacio che, piano piano, mi investii con tutta la sua potenza, quando le braccia muscolose di Jacob mi circondarono i fianchi e mi sollevarono da terra. In quell’esatto momento, così perfetto ed eterno, giusto e sbagliato divennero una cosa sola, come il sogno e la realtà. Come me e Jacob.
Il fatto che stessi baciando il mio migliore amico non mi aveva ancora sfiorata, nel senso che avevo reagito di istinto, senza lasciare il tempo alla mia mente di pensare, perché probabilmente se lo avessi fatto, non avrei mai avuto il coraggio di baciarlo così.
Il mio inconscio desiderava con tutto se stesso che quel bacio non finisse mai, mentre la parte conscia del mio cervello urlava, chiedendosi cosa diavolo stessi facendo. Ma non importava, in una situazione di piena lucidità ciò che io e Jake stavamo facendo, l’avrei denominata come sbagliata. Una cosa del tutto sbagliata e irrazionale.
Non mi importava, in quel momento, che fosse la cosa giusta o meno non era rilevante.
Presa da quel bacio, non mi accorsi che Jake aveva fatto mezzo giro su se stesso, appoggiandomi al sedile della moto. Gli circondai il collo con le braccia, mentre con le mani disegnavo piccoli cerchi tra i suoi capelli. Il sapore della sua bocca si unii al mio, provocandomi un brivido di freddo che mi pervase la spina dorsale.
Come potevo essere stata così ingenua? Come potevo avere creduto che tra me e Jacob ci fosse stata solo amicizia?
Lasciai che il mio corpo aderisse perfettamente a quello di Jacob, che mi stringeva con tale forza da togliermi il respiro. Quell’atto, riconfermò il sospetto che, il mio migliore amico, stesse cercando di rivendicare un suo antico diritto, come se volesse affermare la mia appartenenza. In quell’abbraccio, in quel bacio, sentii di essere sua e di esserlo sempre stata, sentii io stessa di volerlo, non mi sarei ritratta a quel richiamo. Era troppo forte, come se fosse una cosa genetica, come se io e Jacob dovessimo per forza stare insieme per poter vivere.
Il bacio durò per un tempo incalcolabile, ore o forse minuti, qualche breve secondo. Poi ci costringemmo a concludere il bacio, quando entrambi ricordammo di dover respirare.
Le mie guance si erano arrossate per la foga del momento e sentivo le labbra inumidite del sapore di Jacob, lui aveva gli occhi che brillavano e respirava a fondo per cercare di riprendere il controllo di sé.
Presi un respiro profondo, assaporando l’aria gelida della notte. Alzai lo sguardo su Jacob per vedere se anche sul suo viso ci fosse un’espressione di sconvolgimento come nel mio, ma il mio migliore amico non volle incrociare i miei occhi, si diede un’occhiata in giro e, con delicatezza, sciolse l’abbraccio in cui eravamo ancora avvinghiati.
-Dovremmo tornare a casa, ora- disse, scostandomi una ciocca di capelli dal viso. Sembrava imbarazzato, non sapeva cosa fare o cosa dire.
Senza guardarmi, si mise il casco e quando vide che io non mi ero mossa, prese il casco di riserva, che teneva per me, dal sotto sella e me lo mise in testa. Poi mi avvolse il suo giubbotto sulle spalle, visto che avevo dimenticato alla festa il mio. Jake salii sulla moto e, con una stretta dolce, mi prese i polsi e si avvolse le mie braccia attorno al busto. Fece partire la moto e sfrecciò a tutta velocità nel buio della notte, nera come l’inchiostro.
Mi accompagnò fino davanti alla porta di casa, tenendosi leggermente a distanza, per evitare che le nostre mani si sfiorassero. Le mie gambe tremavano, un po’ per la foga del bacio e un po’ per tutti i sentimenti che esso mi avevano provocato. Prima di entrare mi voltai verso di lui, in cerca di qualcosa nel suo sguardo. Volevo essere certa di non trovarvi alcun segno di pentimento.
-Meglio se entri, sono tutti in pensiero per te- disse Jacob facendo un cenno verso la porta, cercando di sorridere. Io feci un passo avanti verso di lui, avrei voluto baciarlo di nuovo. Avrei passato tutta la notte stretta fra le sue braccia, ma prima che potessi fare qualunque cosa, prima ancora di toccarlo, Jacob mise le mani avanti, bloccandomi a debita distanza.
-Cerca di non combinare altri guai, mostriciattolo- Si chinò e mi diede un lieve bacio sulla testa, augurandomi la buona notte, e poi si allontanò frettolosamente lungo il vialetto. Sparendo con la stessa velocità con cui era apparito alla festa. Rimasi ferma sulla porta d’ingresso, finché le luci della moto non sparirono nel buio, poi mi preparai a subire la più grande sgridata della storia dei tempi.
Angolo Autrice: Ciao! Premesso che
questo capitolo è stato uno dei più difficili che io abbia mai scritto nella mia vita...Spero proprio che vi sia piaciuto! Ho letto e riletto, modificato e tagliato almeno un centinaio di volte questo capitolo, perchè volevo che fosse assolutamente perfetto e non riuscivo mai a sentirmi soddisfatta. Alla fine mi sono detta che non potevo passare tutta la vita a cambiare questa parte della storia, altrimenti non l'avrei mai finita. Sono abbastanza soddisfatta di me stessa e spero davvero che lo sarete anche voi e che io sia riuscita a farvi innamorare ancora di più di questa coppia.
un bacione, alla prossima!Nessie