Capitolo 4: La sconosciuta
"Se il più puro sogno d'amore fosse vero Allora, amore dovremo essere in paradiso, Invece è solo la terra mio caro, Dove il vero amore non ci è concesso."
(L.Siddal)
Ogni storia come si deve ha un inizio. La storia di Emma, sebbene sia già iniziata-con il suo innamoramento e la sua negazione- non è ancora ufficialmente una storia. Si, perchè una storia vera e propria è fatta di immagini, è fatta di ricordi, testimonianze, è fatta di fibre e cellule. Ogni persona può contribuire con le proprie, chi legge, chi ascolta, chi scrive...chi racconta.
E tu...vuoi contribuire?
Così Emma aveva rinunciato a quella che considerava solo una cotta, una stupida cotta, negando i suoi sentimenti verso Chris, il suo nuovo compagno di classe, negando quella supernova che aveva percepito nei suoi occhi. Aveva deciso di seguire la ragione, così come molte altre prima di lei avevano fatto, quelle donne che avevano semplicemente paura di amare, quelle donne come Elizabeth Bennet, la fredda Liz che per colpa del pregiudizio si stava facendo scappare l'amore della sua vita, Mr Darcy, o come un'altra Liz, ma stavolta è la Siddal, la modella, la più ricercata tra i preraffaellitti, la bellezza che tutti volevano, quella donna così triste e innamorata del suo pittore, morte nel dispiacere di non essere amata completamente.
Aveva scelto quella strada, ma forse non era tardi per cambiare. E il destino, in un certo senso, gliene aveva dato prova: Aveva infatti dato una mente acuta a Marzia, insieme a quella dose di sperimentazione del proibito sufficiente a proporre ad Emma l'incursione alla festa di fine anno, sotto mentite spoglie, e aveva fatto un ottimo lavoro, visto che Emma, incredibilmente e dopo un pò di fatica, aveva accettato.
Era un segno? Difficile stabilirlo. Eppure sembra davvero fatto a caso, una festa, un'occasione. Lui ci sarà. Emma pure. I fili sono stati intrecciati. Chi ha voglia di seguirli? Dove porteranno? Si incontreranno?
Che il grande spettacolo abbia inizio...così direbbe chi non vede l'ora di scoprirlo.
Caro Diario,
l'ho sempre detto e continuerò a dirlo...io non sono bella.
E per andare ad una festa la bellezza è un requisito a dir poco necessario. Insomma..io non sono come le mie compagne! Loro sono...esuberanti. Sanno come comportarsi con i ragazzi, io no. Loro sanno flirtare, io no. Loro sanno vestirsi assecondando i gusti maschili, io no. Loro sanno ballare come se non sapessero fare altro, io no. Quanto potrò essere credibile, in quella sala, con una maschera, un abito che non mi fa sentire a mio agio, e gli occhi di tutti che forse mi cadranno addosso?
Forse...non è troppo tardi per ritirarsi.
Ma Marzia mi ha rassicurato. Dice che il tema della festa è il Carnevale veneziano e che quindi tutti avranno la maschera, e che nessuno mi riconoscerà. Questo mi ha calmato. Se nessuno mi riconosce, allora è come se alla festa nemmeno ci andassi. Si..sarà un'altra ad andare al posto mio. Voglio che prenda il mio posto, questa sconosciuta, e che faccia di me quel che vuole. "Te la dico io la differenza tra questo vestito e me: Lui ha le tette!" scattò Emma. Marzia reggeva l'abito tra le braccia e sorrideva. Era bellissimo, non c'è che dire, ma era decisamente...troppo.
"E quando mai ti capiterà di avere le tet.. hem, cioè.. di essere così bella!" controbattè Marzia, appoggiando l'abito al letto. Bella. Non era una parola che Emma si sentiva dire spesso. Non si considerava bruttissima, ma piuttosto non si considerava desiderabile. Era sempre stata durissima con se stessa, e ogni difetto che si trovava, davanti a quello specchio che pareva riflettere l'oscurità della sua anima, si moltiplicava fino a sfigurarla. Poteva davvero essere come diceva Marzia? Poteva davvero..essere bella?
"Considerato che nessuno mi riconoscerà...e se è solo per una sera..." disse Emma, con una nota di insicurezza nella voce. Non riuscì nemmeno a finire la frase che Marzia fece un gridolino e applaudì come una bambina.
"Bene! Mentre fai amicizia con il tuo splendido- e difficilmente reperibile- abito vintage originale anni '40 (che tra l'altro devo rendere o mi uccidono), io vado a prendere il mio dal guardaroba" disse Marzia e poi scomparve, lasciando Emma sola con il vestito, come se quest'ultimo fosse una persona ed Emma dovesse rompere il ghiaccio.
In effetti l'abito era molto bello, e dopotutto ad Emma sarebbe dispiaciuto deludere Marzia, visto che l'amica aveva faticato molto per trovarlo. L'abito era lungo fino alla punta dei piedi (ed essendo appartenuto ad una donna alta, addosso ad Emma sembrava più lungo), blu scurissimo, morbido in vita e ampio sui fianchi, dai quali poi si apriva formando alcune pieghe nel tessuto prezioso. Emma deglutì, poichè la schiena risultava completamente scoperta fino alla fine della schiena, e il davanti non fu da meno, con la sua scollatura ad U ampia che lasciava scoperte le scapole. Le maniche, almeno quelle lunghe erano aderentissime e terminavano con un risvolto di pizzo intricato. L'intera stoffa era cangante, mostrando così due sfumature diverse alla luce: blu scuro, quella del colore principale, e verde smeraldo, quella che saltava all'occhio con un pò di luce.
Marzia entrò nella stanza con il suo abito, ancora avvoltò dalla copertina trasparente. Anche senza quella Emma sospirò di meraviglia vedendolo. Era meraviglioso e sicuramente Marzia poteva permetterselo. L'abito era in perfetto stile greco, appena uscito da un quadro di Godward. Il tessuto leggero era nero e trasparente, anche se il volgare era evitato dalla fodera sottostante di seta bianca. La cintura rossa in vita avrebbe snellito la figura dell'amica rendendola ancora più aggraziata, e la scollatura a V avrebbe risaltato ancora di più il suo portamento invidiabile. Si, Marzia avrebbe potuto senz'altro competere con altre ragazze. Io no- pensò Emma tra sè- ma non ne fu affatto delusa. Avere la vincitrice come amica era una consolazione più che valida.
Sebbene le luci fossero forti, nessuno notò che i gioielli erano dei falsi, nessuno notò che una ciocca della raffinata acconciatura era leggermente fuori posto, nessuno notò che lo smalto blu di una delle unghie era scheggiato. Nessuno notò che la ragazza bellissima che entrò nella sala, la sconosciuta con la maschera, era Emma. Emma sospirò per questo ed entrò lentamente nella sala, più per la paura che per il voler creare suspense. Marzia era impeccabile ed Emma la invidiò tantissimo: Camminava spedita e il suo sorriso ammaliò tutti, perchè lei, almeno lei, era sicura di quel che faceva. E la ragazza timida che quasi annaspava? Emma, la sconosciuta, non era affatto sicura.
Le pelle intorno alla schiena era fredda, scoperta e vulnerabile. Senza corazza. Non aveva niente per nascondersi, non aveva un muretto dietro il quale nascondersi e sedersi a leggere, non aveva una panchina isolata, quella che adorava occupare nella piazza della torre, e non aveva una corazza. Si sentiva così..debole. I suoi difetti erano ora esposti, dove tutti avrebbero potuto ancora una volta deriderla, farla sentire piccola e insignificante. Ma stavolta nessuno fiatò. Non c'erano parole, ma solo sguardi. Ammutoliti. Emma abbassò gli occhi per non incontrarne nemmeno uno, ma non servi, perchè l'energia di essi l'aveva pervasa, si allungava come mille mani pronte a toccarla, aggredirla.
Lentamente si allontanò dalla folla e si diresse nel posto dove si sentiva più al sicuro: l'oscurità. Una lacrima scese dall'occhio truccato, ma non raggiunse mai la guancia incipriata, bloccandosi nella maschera di pizzo. Ma quando poi la lacrima non fu più sola e le sue sorelle la raggiunsero, la diga della maschera cedette e il resto del viso venne inondato.
Emma pianse. Non si era mai sentita tanto debole. Come avrebbe potuto affrontare l'amore, il mondo, la vita, se nemmeno riuscire a sostenere gli sguardi di una folla? Era davvero arrivata a tanto? Essere...agorafobica? No, quella non era paura, si disse, quella è debolezza, si corresse duramente. La durezza verso se stessa non sarebbe mai finita, non avrebbe mai trovato pace, almeno finchè una forza esterna non avesse interrotto quel flusso di negatività interiore.
Perchè doveva andare così? Perchè doveva sempre rovinare tutto con quella maledetta paura? Con quella maledetta debolezza? Nessuno sa chi sei!- pensò- Queste lacrime sono di Emma, la sicurezza invece...quella può essere della sconosciuta! Fai che sia solo sua!
Emma singhiozzò e si sedette nel prato umido, fregandosene del vestito.
Sii la sconosciuta-pensò ancora- lascia che sia lei a comandare, almeno per stasera. Lascia che ci sia solo lei...Era quindi giusto scappare, come aveva sempre fatto? Non ce la faccio...si disse. Io da sola non posso farcela. Chiuse gli occhi, convincendosi che in fondo quella era una prova di forza, sforzarsi di essere una sconosciuta, annullare se stessa e i suoi fragili sentimenti per far spazio ad una persona nuova il cui viso non sarebbe stato reale, dotato di maschera, e il cui carattere sarebbe stato un semplice aiuto.
Emma non c'è- fu l'lutima cosa che pensò. Si asciugò le lacrime da sotto la maschera e rientrò dentro. Marzia era scomparsa, chissà dove a fare chissà quale sabotaggio. Ma la sconosciuta non conosceva Marzia, lei era solo una ragazza..
La sconosciuta ripercorse la sala e fece tutto il possibile per sostenere gli sguardi, anche se quando arrivò al centro della pista, le bastò sostenerne uno solo, fisso, e completamente stravolto dall'emozione.
Chris.
Sembrava che non avesse mai visto una ragazza prima, o una così bella. Anzi, come se stesse sognando e non volesse più svegliarsi. Emma si risvegliò per un attimo e sorrise tra sè, considerando quello sguardo meravigliato come una conquista, dopotutto.
La sconosciuta sorrise abilmente, controllando che le labbra si incurvassero nel modo più aggraziato e dolce possibile. Chris rispose con un sorriso enorme, e nonostante la maschera, chiunque l'avrebbe riconosciuto. Erano per via dei suoi occhi. Inconfondibili.
La sconosciuta fece un passo...
Chris ne fece un altro..
Si stavano incontrando piano, gustando ogni singolo momento precedente al contatto..
Magico.
Il tempo si ferma.
La musica non esiste più. Niente esiste più. Esistono solo loro due e i loro passi, la distanza che si accorcia, il cervello che cerca di formulare una frase sensata, gli occhi che non si muovono di un millimetro perchè temono che sbattendoli possano perdere un dettaglio della figura davanti a loro, i reciproci profumi si fanno via via più intensi, iniziano a mescolarsi creando una nuova fragranza perfetta, mai scoperta dai profumieri. E poi succede.
Poi si incontrano, sono ad una distanza sufficiente per parlare, nonostante ai loro cuori non basti affatto, e ne vorrebbero sempre meno.
"Come ti chiami?" Fu tutto quello che Chris riuscì a dire, sussurrando, rapito.
La sconosciuta sorrise e non si era mai sentita così sicura di sè. Emma invece non sapeva come descrivere quella sensazione, ammesso che avesse un nome. E ora che poteva fare? In quella nebbia di irrazionalità avrebbe dovuto decidere se rivelare la sua vera identità o mentire. La sua mente era troppo annebbiata, e la debolezza di Emma troppo forte per prevaricare sulla sicurezza della sconosciuta, tanto che, chissà per quali reazioni chimiche, chissà per quale decisione del destino, dalle labbra rosse della sconosciuta uscì una bugia, una parola che sapeva di limone:
"Elizabeth" sussurrò la sconosciuta.
"Vuoi ballare?" chiese Chris educatamente e la sconosciuta, senza nemmeno rispondere, e con un gesto che Emma non si sarebbe mai sognata di fare, gli mise la braccia intorno al collo e iniziò ad ondeggiare dolcemente.
E poi successe ancora. Non c'erano le luci, non c'era la musica. C'erano solo due corpi che danzavano, due profumi che si stavano innamorando l'uno dell'altro. Nella mente di Emma non c'era nemmeno la maschera. Nella sua mente lei non era più la sconosciuta, era Emma e Chris la amava lo stesso.
Ma la realtà è spesso dura e non permette sempre di rivelare la verità, non permette sempre ai sogni di realizzarsi, alle ragazze timide di rivelarsi per ciò che sono. Spesso permette alle labbra di dire bugie, ad un Chris di danzare con una Elizabeth, di farli venire a contatto, di creare un esplosione e le sue future conseguenze. Quelle si che sono inevitabili. Elizabeth era evitabile, ed Emma lo sapeva. Ma il cuore in quel momento le faceva meravigliosamente male e la ragione non la sentiva nemmeno. Ne era valsa la pena? Emma pensò di si, e se avesse dovuto vendere l'anima, anzichè mentire su di sè, l'avrebbe fatto. Tutto per quell'unico, intenso ballo. Tutto prima che la mano di Marzia la afferrasse allontanandola da Chris, da quella magia, quella bolla di sapone profumata e perfetta. Tutto prima che l'allarme anti-incendio scattasse facendo spruzzare acqua dai sistemi di sicurezza, prima che l'incanto finisse per allagarsi.
Il posto era diventato un inferno di urla e acqua, ma non poteva essere più bello. Con il corpo immobilizzato dal tocco leggero di quel ballo, Emma non sentì nemmeno che stava scappando, trascinata da Marzia, e non sentì nemmeno ciò che le disse, ansimando, durante la corsa. Le sembrò di sentire:
"...Chi era quella sconosciuta?"
Bene. Spero che vi sia piaciuto ^^ Come vedete ho introdotto l'uso delle immagini, che ho deciso di inserire ad inizio capitolo con funzione evocativa di una scena o una frase chiave. Spero che aprezziate anche questo. ^^
al prossimo capitolo!
xoxo
Edited by °She is..Ophelia° - 2/12/2011, 20:20