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MOONLIGHT RAINBOW, Collana: A cena col Vampiro

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folgorata
CAT_IMG Posted on 28/6/2009, 16:25 by: folgorata




Capitolo 5
La pelle



Elisabeth guizzò nella foresta alla ricerca di Ethan.
Zachary sapeva dunque. L’invito a confidarsi con Ethan, non era stato un consiglio generico.
In trance? Lei? Piangendo e gemendo? Sembrava impossibile! Neppure la traccia di un ricordo emergeva dalla mente.
Dieci miglia lineari, percorsi tra alberi secolari all’inseguimento di Ethan, le schizzarono intorno nel breve istante di quei pensieri.
L’odore era sempre più forte. Vibrazioni le scuotevano il petto come se internamente vi albergasse un cuore pulsante. Un tum tum incessante si propagava giù verso il basso, all’intero corpo.
Elisabeth si arrestò su un pino di Caledonia. L’udito si ovattò tutto d’un tratto, come durante una rapida ascesa. Ma si trovava a due metri da terra solamente, acquattata su ramo forte… Ferma, in ascolto.
Ethan doveva essere lì.
Il corpo non poteva mentire. Era contratto e pulsante. Reagiva alla presenza di Ethan con forza magnetica. Non poteva essere distante.
L’istinto guidò Liz verso un punto luminoso nella foresta. Era un fiotto di raggi solari. Là c’era un varco nell’intreccio di rami e di muschio. E al di là si estendeva un piccolo lago.
Elisabeth emerse dalla foresta e fu inondata di luce. Pur abbagliata per un istante, nel fulgore del sole un punto preciso irradiava sintillii color rubino.
Nella luce, più luce: Ethan era disteso a gambe leggermente divaricate su un masso a picco sul lago. Le mani artigliavano la roccia sotto di lui. Ethan nudo, il corpo rifrangente come una gemma, i capelli bagnati…
Un risucchio svuotò il corpo di Liz di ogni energia, improvvisamente. Le ginocchia erano divenute gelatina. Tutto in lei voleva dirigersi verso quel corpo luminescente come fuoco. Tutto in lei voleva gettarsi tra le braccia di Ethan tranne la mente paralizzata dalla paura. Che cosa dirgli? Come dirglielo? C’era il rischio che l’aggredisse ancora… Un altro dolore, di nuovo… sarebbe stato troppo.
La paura ebbe partita vinta e spinse le gambe riluttanti di Liz verso l’acqua azzurra.
Con movimenti leggeri si spogliò e passò accanto a Ethan senza voltarsi.
Si tuffò di slancio e lasciò che le acque fresche del lago la divorassero e poi restituissero alla luce il corpo rosso e scintillante.
Nuda, con la pelle smagliante come rubino, risalì a riva. C’era un punto di bassi lastroni. I capelli scuri gocciolavano sfiorandole l’incavo della spina dorsale.
I palmi detersero dal viso l’acqua in eccesso. Il corpo si distese sulla roccia piatta in posizione supina.
I seni protesi verso il cielo, i capezzoli tormentati dal sole mentre il vento scompigliava delicato il ciuffetto di peli.
Un battito profondo accelerò il ritmo. Il silenzio era assoluto, gli animali della foresta immobili, al riparo dai vampiri.
Un’ombra lunga oscurò improvvisamente il sole. Le narici fremettero, le ciglia palpitarono e gli occhi si schiusero. Ethan era venuto da lei infine e incombeva a braccia conserte. Infuocato, scolpito nel granato… Il corpo slanciato e muscoloso…
Era comparso all’improvviso. Senza un rumore. Con sguardo sottile, gli occhi come due lame d’un cupo color sangue la fissarono diritto nelle pupille.
Liz sostenne la sfida. Nessuno parlò.
Lentamente infine Ethan le si sdraiò accanto.
«Come stai?» Chiese in un soffio profondo.
La gola di Liz deglutì. Difficile a dirsi. Paura, sgomento, rabbia, contrizione… E l’urlo di desiderio improvviso che levatosi dal corpo dominava il guazzabuglio di sensazioni.
«Tormento» ammise accarezzandosi la fronte. Muovendosi, l’avambraccio sfiorò il viso di Ethan che vi posò un piccolo bacio. Gli occhi si erano fatti viola.
Con un dito le sfiorò un capezzolo…
«Basta amarmi Liz. Mi stai uccidendo dentro. Impossibile… Se tu non mi amassi, starei meglio…»
“Se, ‘tu’ non mi amassi: staresti meglio.” Rispose la mente di Liz. Allungò una mano e lo accarezzò tra le cosce:
«Non ne sono affatto sicura» gli disse invece.
Ethan le fermò la mano e portò alle labbra il polso delicato, fissandola: «Mi odierai. È solo questione di tempo…»
«Grande felicità allora!» ribatté Liz sorridendogli con lo sguardo… «Non ti amerò più e sarai soddisfatto…»
Ethan socchiuse le palpebre: «Quanta sicurezza!»
Liz esitò.
«…Grandi strepiti e lamenti di notte mi dicono… piangerei, in una specie di trance ipnotica… – disse infine Elisabeth, con voce strozzata, fissando il cielo – Senza di te e senza momenti come questi, pensi che io possa star meglio?» Il viso si girò verso Ethan. Gli occhi si dilatarono invitandolo a leggervi tutto l’amore.
«Pensi che smetterei di piangere la notte?» insistette Liz.
«Ora no, forse, ma più in là nel tempo… Penso di sì»
«Questa l’ho già sentita quando mi hai licenziato dalla Therisoft» la risata amara di Liz echeggiò tra le rocce..
«E allora che cosa posso fare io? – ruggì Ethan tirandosi seduto – Vederti languire giorno dopo giorno… Con quegli occhi sempre più grandi e disperati?» Ethan la osservò in silenzio per qualche istante. La pelle tirata sulle tempie lo faceva assomigliare a un grande felino sul punto di attaccare. Ma le palpebre erano dilatate dal dolore: «Non ci posso fare niente. Capisci? Questa è la mia natura. Avrei voluto starti a fianco nella vita come un ragazzo qualsiasi… Ci ho provato – una nota di pianto vibrò nella voce – Lo sai che ho provato…» e la fronte rubino si chinò lentamente fino ad appoggiarsi sulla gola di Liz.
L’alito tiepido scivolava sulla pelle.
«Lasciami tentare con i Quirites. Sarò prudente…» implorò Ethan bisbigliando.
Le dita sottili di Liz si distesero sulla nuca di Ethan massaggiandola dolcemente.
«Ok, Ok, ma portami con te almeno» disse Liz e gli posò un piccolo bacio sulla testa.
«Che cosa dici!» si lamentò Ethan senza sollevarsi. Le mani scivolarono lentamente lungo il ventre di Liz e si insinuarono tra le gambe.
«Portami con te» gli ripeté Liz con le labbra vicino all’orecchio. L’alito caldo scivolò lungo il collo di Ethan e Liz percepì nettamente che la tensione si era fatta incontrollabile.
«Voglio venire con te» ripeté ostinatamente mentre le labbra di Ethan afferravano avidamente un capezzolo imprimendovi un bacio umido e ritmato.
Ethan rotolò di lato, portandola con sé finché, con pressione delicata ma decisa sulla spalla, non la fece girare con il ventre sulla pietra. Le labbra di Ethan ora percorrevano la nuca di Liz e il suo corpo aderiva perfettamente a quello sotto di sé. Le labbra le morsero leggermente il lobo di un orecchio: «Adesso ascoltami Liz. Non posso. Per ciò che devo fare: non posso. Voglio toglierti quell’aria triste dagli occhi. Devo dimostrare a me stesso che ho tentato e fatto tutto ciò che era necessario…» La voce calda di Ethan si spense in un bacio.
Un brivido potente si impadronì del corpo di Liz.
La virilità di Ethan non accennò a voler percorrere la sua via. Liz ne sentiva la forza sulle natiche ma Ethan sapeva farla attendere.
«Se ti dovesse capitare qualcosa di male non mi perdonerò mai… - articolò Liz. - Dimmi che cosa dico quando sono in trance…» bisbigliò. La mente tratteneva a stento l’urgenza tutta fisica che la possedeva.
Ethan si appoggiò leggermente là, dove il desiderio di Elisabeth silenziosamente lo chiamava. Una piccola pressione trattenuta, e indugiando: «Dici che non vuoi morire Liz. Che non volevi diventare un mostro innaturale… Dici che nella vita volevi solo un po’ di semplice amore… – Ethan fece una pausa – Come posso darti tutto questo tesoro?» Il corpo di Ethan fu scosso da un tremore ritmato molto simile al battito di un cuore impazzito. E un lento scivolamento ondulatorio guidato dalla mano, ridusse il corpo di Liz ad un fascio di fibre… Le narici dilatate e la gola era secca…
«Sì è vero soffro per questa condizione… – balbettò roca – Ma se questo è ciò che la vita aveva in serbo per me lo prendo… Come una sfida a farne comunque qualcosa che abbia un senso…» disse con un filo di voce mentre lui non accennava ad entrare. Ed anzi faceva ad allontanarsi dal centro del suo cuore.
Lui lo sapeva.
Con un balzo Ethan si sollevò, girandola sulla schiena: il volto di Elisabeth era trasfigurato.
Le pupille di Ethan si dilatarono, viola come l’abisso dell’oceano. E rimasero attonite per un istante in contemplazione.
Il volto di Elisabeth aveva perduto ogni compostezza; le labbra erano gonfie, le narici dilatate, e i seni… Ethan contrasse la mascella e si chinò verso di lei: «La rassegnazione è cosa umana Liz, è questo che tu non capisci… È possibile se sai che la tua vita avrà un termine… Non ha senso quando non c’è limite e il tuo dolore potrebbe durare in eterno… Lasciatelo dire da uno che ha duecento anni… Arriva un punto in cui bisogna puntare i piedi e ribellarsi al proprio destino…» la lingua si insinuò tra le labbra di Liz e lui entrò deciso.

Le luci tra le foglie degli alberi durante il ritorno al maniero, erano come gemme multicolori appese nella vegetazione.
Ethan teneva Liz per mano come quando lei era umana.
Si materializzavano da un albero al successivo in un fluire continuo e piacevole come musica.
Riapparvero nella radura di fronte a Rochester Manor nel primo pomeriggio.
Rumori di famiglia trapelavano dalle mura udibili solo da un vampiro. Qualche piatto urtato, qualche scalpiccio, voci che parlavano, il clic di un interruttore, la musica di uno stereo, la voce di un televisore…
Ancora abbracciati, Ethan e Liz varcarono l’arco d’ingresso e finalmente incrociarono un loro simile. Era il viso sorridente di Zachary che si affacciava dallo studio. Nessuna traccia di preoccupazione, si meravigliò Liz.
«Sanno già di noi: grazie a Tristan» le bisbigliò Ethan nell’orecchio ridacchiando. Lo stupore di Liz si ripetè anche quella volta dinnanzi alla potenza dei doni oscuri: l’aeromanzia di Tristan e l’oculomanzia che aveva reso possibile a Ethan di leggere in un istante lo sguardo di Zachary.

Ethan ed Elisabeth seguiti da Zachary raggiunsero il salone. il resto della famiglia era già lì in piedi ad aspettarli.
«Il volo è per stanotte, Ethan, dobbiamo sbrigarci» Zachary aveva parlato a beneficio di tutti. Anche del resto del clan.
«Questa follia richiede un piano preciso» la voce tagliente di Pamela simulò allegria. La sospettosità di Liz venne risvegliata.
I vampiri fluirono verso il lungo tavolo delle feste. Una antica mappa vi era distesa.
«Guardate qua – disse Ethan – Questo è il palazzo, qui c’è la Piazza con la Porta Magica.»
Al centro di un rettangolo verde, la mappa riportava in prospettiva il disegno di una piccola porta in pietra con iscrizioni antiche e glifi planetari. Era l’entrata principale del palazzo da cui penetravano gli ospiti importanti. Da lì un cunicolo sotterraneo conduceva infatti al palazzo invisibile: senza finestre e ricavato nella profondità degli edifici ottocenteschi che circondavano la piazza. Solo Lenith utilizzava un passaggio che le consentiva di entrare e uscire dalla reggia attraverso le scale del condomino attiguo. Confinata per millenni nelle catacombe romane, aveva portato in superficie il suo quartier generale durante la ricostruzione del secondo dopoguerra. Ma l’antico ipogeo sopravviveva e si estendeva sotto piazza Vittorio fino alla poco distante villa di Nerone, la Domus Aurea di Colle Oppio. Le schiere di Lenith erano annidate lì ed era dalla Domus Aurea che penetravano nel regno antico dell’ermafrodito.
«Che cosa cerchi esattamente?» chiese Tristan.
«La gerarchia del potere intanto. Un riassestamento non è da escludere dopo la batosta che i Quirites hanno subìto.»
«Le nuove strategie di difesa soprattutto» disse Zachary.
Tristan annuì: «Sì. Non riesco più a percepire nessuna vibrazione che riguardi i Quirites.»
«Potrebbero non essere là?» Chiese Christabel.
Ethan annuì meditabondo: «È importante saperlo in ogni caso… Dunque tentiamo di acquisire informazioni senza farci scoprire…»
«Che cosa significa “tentiamo”?» chiese Liz con un singulto.
«Il piano d’emergenza ricordi? Se ci catturassero avremo gli occhi opalescenti e… mentiremo.» rispose Ethan.
«Siamo molto preoccupati, per quello che potrà succedervi» ammise Tristan.
Zachary e Christabel chinarono la testa, Pamela sibilò di rabbia e tamburellò sul tavolo con tale forza da farlo tremare.
Liz si coprì la bocca con le mani e mormorò: «Sì, molto preoccupati.»
«Io vi sarei d’aiuto – rincarò Pamela- e così pure lo sarebbe l’abilità militare di Tristan...»
Ethan contrasse la mascella: «È assolutamente da scartare. L’argomento è già stato affrontato Pamela – disse Ethan rivolto a tutti – Se ci scoprissero là tutti insieme… Sono molti di più. Saremmo spacciati senza neppure avere una scappatoia.»
I vampiri annuirono.
«La capacità di Tristan di interpretare i segni… Per affrontare Angel e Jenius sarebbe importante» meditò Liz ad alta voce.
«Solo tre giorni, Liz! Che cosa sono?…» la dolcezza delle parole di Ethan fu sottolineata da una tenera carezza.
Sembrava un’altra persona dall’Ethan di solo poche ore prima! E qualche risata soffocata, indicò che Elisabeth non era stata la sola a notarlo.
«Ok, allora è deciso» disse Liz scuotendosi. Con una smorfia si alzò dalla sedia, ma prima di allontanarsi fu richiamata da Tristan: «È venuta tua madre mentre non c’eri. Me ne dimenticavo, scusa.»
«Ancora?!» Liz sussultò ed Ethan si bloccò.
«Sì. Sì… una… borsetta…» farfugliò Tristan.
«La borsetta?» ripetè Liz.
«Lasciata qui ieri» aggiunse Pamela con una smorfia e alzando gli occhi al cielo.
La perplessità era dipinta sulle facce dei Rochester.
«Le pinzette per le sopracciglia – spiegò Zachary dolcemente – di forma insostituibile. È entrata come un ciclone parlando di inferno e di Satana e…. di pinzette.»
«Eee?» lo sollecitò Liz.
«Oh, ha agguantato la borsetta – aggiunse Pamela – non ha salutato nessuno, ha preso la porta e se ne è andata…»
«Scusatela io… le parlerò» bisbigliò Liz umiliata.
«La faccia di Pamela la terrà lontana per un po’ te lo assicuro… – rise Tristan – Non preoccuparti!»

La partenza avvenne l’indomani ed era notte quando Zachary e Ethan arrivarono a Roma in prossimità del palazzo dei Quirites. Una nebbia lattiginosa circondava il Colosseo nonostante l’aria calda e satura di odori mediterranei.
Acquattato con Zachary, nella selva a nord est, tra antichissime vestigia in rovina, Ethan riacquistò le energie. Aveva assicurato “Saremo prudenti”, abbracciando Elisabeth. Davvero non era stato facile. Dover lasciare il profumo dei riccioli castani. Sfuggire allo sguardo implorante… E d’altronde quel tentativo era da fare.
Il percorso era stato accidentato. Per evitare i possibili controlli dei Quirites, avevano dovuto atterrare a Ginevra e proseguire in auto fino a Firenze.
Da lì in poi avevano proseguito nei boschi smaterializzandosi. Niente strade e ferrovie…
Il percorso aveva seguito i fiumi indicati sulla mappa. Fiumi! Mai visti fiumi più piccoli. Erano torrenti e per lo più asciutti. Ethan e Zachary li avevano percorsi, fluendo invisibili, su ciottoli e massi.
51 miglia attraversate alla velocità del vento, tra boschi e foreste intricati e tenebrosi.
Niente poteva essere più diverso dalla Cairngorm Forest di Forres. Non c’erano conifere svettanti che lasciassero libero il passaggio al di sotto. E dov’era il terreno ricoperto di un morbido tappeto di eriche e di muschi? Nel regno dei Quirites, la foresta appenninica era bassa e insidiosa, il terreno accidentato e inerpicato in colline e vere e proprie montagne. Gli alberi non superavano mai i 50 piedi: querce, castagni e faggi. Le fronde erano intricate e il sottobosco fitto di arbusti e cespugli. Non era possibile vibrare in linea retta tra i rami, né correre, volendolo come a volte facevano nelle Highlands. Tutto era più piccolo, più complicato e inquietante… Ma, infine, erano giunti a destinazione.
Ora la nebbia che cingeva il monumento alla crudeltà romana poteva favorirli.
Succhiarono qualche zanzara intrappolata nei calici delle nephentes e si diressero verso l’Esquilino.
Proteggendosi nella vegetazione dei Fori imperiali, i due vampiri costeggiarono una grande strada dritta, in salita, tenendosi all’ombra dei vicoli. Era il dedalo del rione Monti, secondo la mappa. Si insinuarono nella macchia che risaliva una collina sulla sinistra: Colle Oppio. Il bosco era incolto e ovunque regnava l’incuria. Sembrava il posto ideale per ricavare un campo base. Gli anfratti nella vegetazione erano numerosi e si notavano costruzioni sparse in stato di abbandono.
Zachary e Ethan si scambiarono uno sguardo e annusarono l’aria. Non sembrava esservi nulla di particolare.
“Sempre il solito odore di aglio fortissimo, qui più che mai e ginepro e…” gli comunicò Zachary con un semplice sguardo.
«Sembrerebbe sottobosco, humus» bisbigliò Ethan.
Zachary lo fissò di nuovo: “Funghi forse? Tartufi?”
Era un sottofondo odoroso dolce e molto invitante… Alcuni cespugli di ginestre sembravano esserne l’origine.
«Sono quei fiori gialli!» mormorò Ethan.
“Così sembra.”
«Un buon profumo finalmente.» Ethan si avvicinò per ritemprare l’olfatto.
Le infiorescenze leguminose furono percorse da un tremito.
Un movimento impercettibile e un brillio balenò istantaneo.
Ethan si rannicchiò di scatto in posizione di attacco.
«Che cosa hai visto?» bisbigliò Zachary.
Ethan digrignò i denti.
Zachary si acquattò.
Ethan avanzò soffiando inudibilmente come un gatto.
«Per pietà» una voce argentina sussultò nell’oscurità dietro i cespugli fioriti.
In un lieve fruscio di fiori, una donna avanzò alla luce della luna.
Le ciglia di Ethan sbatterono più volte. Era nuda. Completamente nuda. La luce della luna dove la colpiva, faceva brillare la pelle come argento. I profumo ammaliante divenne fortissimo.
Un tremito scosse il corpo di Ethan. Il ventre si contrasse. Qualcosa lo attirava e lo sospingeva ad avvicinarsi.
Zachary lo affiancò. Gli occhi color whisky del professor Rochester brillarono nelle orbite, dilatati. La bocca era semiaperta.
«Vi prego...» supplicò la donna in un bisbiglio.
E in un istante una decina di paia d’occhi si illuminarono alle spalle dell’apparizione.
«Non vi facciamo niente» la voce di Ethan tremò. Che cos’erano? Non odoravano d’uomo e neppure di vampiro.
In un fruscio, una decina di altre ragazze nude e argentee uscì alla luce della luna.
«Andatevene, presto…» implorò la donna.
Impossibile. Il corpo di Ethan era crocefisso al terreno.
Per un tempo che parve infinito, le ragazze osservarono i due vampiri immobili…
Fu allora che un fruscio e un improvviso odore d’uomo furono condotti dalla brezza.
Le ragazze fremettero. Negli occhi scuri della donna davanti a tutte, Ethan lesse l’immagine che si stava formando. Un corpo d’uomo avventarsi violento su una giovane. Le sopracciglia di Ethan si aggrottarono. La ragazza aveva paura.
In quell’istante, un rompere di arbusti e una figura si precipitò in avanti.
Un uomo sulla cinquantina arrancava con stivali e fucile. L’odore forte di alcool e di vomito raggiunse le narici di Ethan. Gli occhi sbarrati dell’uomo fissavano le donne e le mani si protendevano spasimando.
Appena le mani dell’uomo raggiunsero la ragazza, un urlo straziante fuoriuscì dalle labbra delicate.
La donna alla testa del gruppo parlò: «Presto venite.» Il tono era sicuro come di chi sa ciò che sta facendo.
Le gambe riluttanti obbedirono e le orme della donna li condussero in un mirteto.
«Guardate» bisbigliò
Ethan e Zachary si voltarono.
L’uomo cercava di aver ragione della resistenza della ragazza.
Il corpo di Ethan si rannicchiò pronto a scattare. La mano della donna sul braccio lo trattenne.
La ragazza si divincolava.
L’uomo cercava di immobilizzarla frugando nel contempo nei pantaloni.
Lei sgusciò via e l’uomo le si buttò sopra per ad atterrarla.
«In alto» bisbigliò la donna e si spostò verso la ragazza.
Ethan e Zachary sporsero la testa oltre la spalla della donna. Dal tetto di un palazzo oltre la cinta del parco, si era lanciata una macchia… Contro la luna vibrò una figura nera.
La figura calò verso il terreno e un vampiro sconosciuto si materializzò alle spalle dell’ubriaco. Un pugno sulla nuca, il crak dell’osso del collo. Infine il vampiro affondò i denti nella carne.
L’uomo crollò senza un fiato, ridotto a una carcassa vuota.
Lo sconosciuto si guardò intorno, annusando l’aria. Gli occhi di Ethan videro la schiena della donna fremere per un brivido.
Il Quirite tornò a concentrarsi sulla ragazza. La afferrò e la piegò sotto di sé.
Non li aveva visti. Il pensiero lampeggiò chiaro nella mente di Ethan.
“Ora” sibilò Zachary.
In un balzo si abbatterono sul dorso del Quirite e lo atterrarono.
Il vampiro non fece in tempo a rendersene conto. I denti di Ethan lo afferrarono alla gola. Un tocco di Zachary gli spezzò la spina dorsale.
In pochi istanti il milite dei Quirites fu smembrato con efficienza chirurgica.
La ragazza e la donna si erano ritratte stringendosi l’una all’altra. La maggiore protese un braccio affusolato.
«Andate di là, verso l’Appia Antica, ci sono casali dove bruciano le stoppie della mietitura» sussurrò la donna.
Ethan e Zachary, si diressero verso la campagna romana alla ricerca di un luogo dove ardere i resti del vampiro ucciso, senza che l’odore inconfondibile li facesse scoprire. Si divisero il carico cruento e guizzarono in una scia di rami spezzati. I corpi fluirono nello spazio per un paio di miglia. Infine, con le indicazioni della donna argentata trovarono un falò acceso.
L’area era deserta. Il contadino aveva lasciato il fuoco custodito da un doppio giro di pietre e… da un’innumerevole schiera di trecce d’aglio tutto intorno ai muri della casa…
Ethan e Zachary balzarono vicino alla pira e gettarono tra le fiamme le spoglie immortali.
Il fumo sbuffò in una nuvola bianca e incorporea poi, denso, continuò la quieta ascesa come se nulla di inconsueto si fosse consumato.

Ethan e Zachary si scambiarono uno sguardo corrucciato e tornarono sui propri passi. Si smaterializzarono e nel giro di mezz’ora si ritrovarono di nuovo nei pressi del palazzo dei Qurites.
«Non sta andando secondo i piani» mormorò Ethan.
“Direi di no. Che facciamo?” chiese lo sguardo muto di Zachary.
Qualcosa li fece voltare. Un odore dolcissimo e inconfondibile serpeggiava tra i cipressi. Un barlume argenteo tralucò nel buio.
«Non avvicinatevi... – bisbigliò la donna – ma… grazie per il vostro aiuto…»
«Chi sei?» la voce di Ethan sibilò in un sussurro.
«Sono un’Alseide…»
La testa di Zachary annuì lentamente.
«I Quirites ci difendono… A modo loro ovviamente…»
Ethan rivolse a Zachary uno sguardo ottuso: «Alseidi?»
“Ninfe… Ninfe dei boschi. Il loro corpo costituisce un richiamo cui nessuno resiste…” le immagini riflesse sulle iridi di Zachary erano inequivocabili.
«Grazie…Ancora – mormorò la ninfa – Seguitemi …ma tenetevi a distanza.»
La donna li precedette correndo leggera, senza mai abbandonare i luoghi boscosi. Infine si arrestò sotto ruderi enormi che risultavano rossastri dove raggiunti dalla luna...
Le pulsazioni del corpo di Ethan erano incontrovertibili. In zona, nascoste, ve ne dovevano essere molte altre.
«Siamo alle Terme di Caracalla, sediamoci – disse l’Alseide – Mi chiamo Palmira» bisbigliò.
Ethan e Zachary tacquero senza rivelare i propri nomi.
La ninfa sorrise con intenzione ma non sollevò lo sguardo.
Ethan e Zachary serrarono le labbra.
«Tutti sanno chi siete e che vi trovate qui.»
«Tutti?» Ethan assunse istantaneamente una posizione di difesa.
La donna finalmente distese le ciglia: «Non pensavate di attraversare la Via Francigena inosservati? Sono molti gli esseri sul confine – disse piano la donna – E poi voi siete i Rochester. Tutti sanno di voi.» Aveva parlato con dolcezza. Ma la rivelazione rimbombò nella testa di Ethan come se la donna avesse urlato. Ethan sbattè le ciglia. Che cosa significava che tutti sapevano di loro?
“Dovevamo essere in incognito eh?” occhieggiò Zachary e strappò a Ethan un sorriso malgrado la tensione.
«Siete il primo clan da millecinquecento anni a sconfiggere i Quirites. Sappiamo tutto del lago, su, nel vostro Paese… Benvenuti.» Negli occhi di Palmira si dipinsero le immagini della battaglia per come le era stata riferita.
Le membra di Ethan si tesero come corde di violino. Che cosa ne poteva sapere quella creatura?
«Perché avete chiamato in soccorso un Quirite?» sibilò diffidente.
L’Alseide sorrise: «I vampiri non possono procreare con noi.»
Nessuno parlò e Palmira riprese: «Così evitiamo di mettere al mondo altri mostri… Ce n’è già a sufficienza in questi luoghi.»
Ethan corrugò la fronte mentre Zachary tese la mano con un sorriso…
«Piacere, sono Zachary e lui è Ethan.»
«Tanto, tanto piacere… Non sapete da quanto aspettiamo questo momento…»
Ethan esitò poi, fece un cenno amichevole col capo.
«Pensavo foste solo leggenda… Ma è vero che siete donne trasformate?» Chiese Zachary.
«È una storia lunga… - rispose Palmira – Eravamo umane un tempo lontano.»
«E poi?» indagò Ethan
«…e poi siamo ricomparse dopo millenni… mezze vampire, in un tempo meno lontano…»
Ethan si voltò di scatto verso Zachary: «Tu sapevi di loro?»
«Sì, Ethan ma…»
Palmira bisbigliò: «Ora è tempo di quiete. Nascondetevi e tacete altrimenti qualcuno di sbagliato si accorgerà di voi...» e così dicendo la donna si sollevò in piedi e salutò in un sussurro.
Sgusciò via, in un fruscio leggero, seguita da una ventina di sue simili.
Ethan, imitato da Zachary, scattò in piedi e si smaterializzò nella boscaglia dalla parte opposta.

Ethan e Zachary dovettero allontanarsi da Roma di parecchio per trovare un luogo sicuro dove trascorrere la notte.
«Non pensavo che la Via Francigena fosse ancora controllata» bisbigliò Zachary.
Il falò illuminava il volto spettrale nell’oscurità della foresta. Si erano portati quasi a mille metri di altitudine, in una zona boschiva molto ad Est.
«Che cos’è la Via Francigena?» Ethan si accucciò di fianco al suo creatore.
«L’antica via che conduceva i pellegrini d’Europa verso Roma e verso la Terra Santa.»
«Roba di chiesa.»
«Non penserai di trovarti in un luogo qualsiasi!» sorrise Zachary con sarcasmo.
«No certo…»
«No… Non credo che tu sappia» Zachary frugò nel fuoco con un ramoscello.
Ethan lo aiutò a raddrizzare un tizzone che minacciava di scivolare. L’aria meditativa non prometteva niente di buono.
«Parla.»
«Il fatto è che qui si uniscono e si fronteggiano tutto il cielo e tutta la terra del mondo…»
«Tanta roba – sorrise Ethan – per un così piccolo pezzo d’Europa.»
«Che cosa intendi concretamente per cielo e terra?» Ethan disegnò un ovale nella cenere.
«C’è una linea Ethan. Da Mont Saint-Michel in Francia, alla Sacra di San Michele in Val di Susa, fino alla Grotta di San Michele garganico…» Zachary fece una pausa.
«Continua!»
«Si schierano qui le forze celesti Ethan.»
«Celesti nel senso di Cielo – riassunse Ethan- con la “C” maiuscola.»
Zachary sorrise: «E poi ci sono le reliquie: ogni chiesa ha oggetti rarissimi e pieni d’energia.».
Gli occhi di Ethan si fissarono sul viso eterno del padre.
«Le ceneri dei templi in rovina, il sangue dei martiri, i papiri e i codici miniati… Tutto concentrato in un punto…» concluse Zachary.
«Che cosa implica, tutto questo?»
«Non penserai che possiamo considerare queste forze celesti, nostre alleate vero?»
«Sono energie che contrastano i Quirites dopotutto» osservò Ethan.
«Non voglio disilluderti. Ma scommetto che non stanno dalla nostra parte.»
«Su chi contare allora? La ninfa ha detto che ci aspettavano…»
Zachary scosse il capo:
«Non è così semplice Ethan.»
«I Quirites contano sulle forze ctonie, quelle a cui apparteniamo.»
Dopo aver parlato, Zachary spiò di sottecchi il viso di Ethan.
«Non ti farà piacere sentirlo… immagino» aggiunse.
Le labbra di Ethan emisero un sospiro greve.
«Beh guardati intorno: per arrivare qui abbiamo superato soffi solforosi, fumarole, tombe… miniere… E ci sono i Sibillini non lontano…»
«Insomma se il diavolo avesse una porta sul mondo… si troverebbe qui? È questo…?»
«Sembrerebbe questo.»
Il bastoncino di Ethan stava tracciando due occhi al centro dell’ovale nella cenere: «Non mi hai risposto»
«Sulla carta… nessuno può esserci d’aiuto… Poi, non so. Hai sentito Palmira… In qualche modo, quello delle ninfe è un mondo di mezzo, legato alla natura. Non del tutto sotterraneo…»
La mano di Ethan tracciò lunghi segni ondulati ai lati del viso sul terreno: «Perché non mi avevi detto che i vampiri possono trasformarsi in qualche cosa d’altro?»
«Sono antichissimi riti ierogamici… asettici e brutali a loro modo…» rispose Zachary prontamente.
Aveva avuto il tempo di prepararsi e di cercare le parole giuste per non ferire Ethan. Era ancora troppo recente il ricordo del rito con cui Lenith aveva tentato di sventare la profezia e far sposare Elisabeth a uno dei suoi.
«E dunque? Una possibilità c’è no?»
«Ethan. L’hai sentita Palmira… hanno creato dei mostri. Sono centinaia gli abomini creati nei secoli dai Quirites con le loro sperimentazioni.»
La punta del ramo ondeggiò e una bocca a cuore comparve nell’ovale disegnato nella cenere: «A questo si riferiva dicendo che questi luoghi sono popolati di mostri? I mostri creati dai Quirites proteggono Lenith dunque…» concluse Ethan.
Dopo qualche istante di silenzio riprese: «A forza di sperimentare magari hanno trovato il modo…»
«Forse sì. Ti ho seguito per questo.» La bocca di Zachary si piegò in un sorriso gentile.
«Io direi di provare a entrare domani…» disse Ethan deciso.
«Ora sappiamo che ci aspettano…»
«Come te lo spieghi che sapessero di noi?» annuì Ethan. «Se si è risaputo della nostra vittoria, qualcosa starà cambiando: è chiaro. I Quirites saranno furiosi se è così.»
«Non sarei pessimista. Siamo ancora vivi!» sorrise Zachary.
«È proprio a questo riflettevo, Zachary. Possibile che non ci sia stata lanciata neppure una sfida?»
Gli occhi fissarono il volto che sorrideva dalla cenere. Liz sembrava lontana nel tempo, oltre che nello spazio.

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Edited by folgorata - 5/9/2009, 18:29
 
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