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Cosa accadrebbe se i Volturi avessero il potere di cambiare quello che è accaduto?, FF parte 1. E' la prima che scrivo! Che emozione!

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CAT_IMG Posted on 30/7/2009, 21:07




"Nessuno sopravvive se si mette sulla nostra strada" Erano queste le parole con cui loro ci avevano ammonito quel giorno, quando erano arrivati. Erano quelle le parole che avevano cambiato la mia vita per sempre.
Avrei dovuto immaginare che alla fine sarebbe toccato a me. Lo realizzavo solo ora, mentre quel paio di occhi rossi e scintillanti mi fissavano dalla penombra della stanza buia.
Solo ora che sentivo il veleno bruciare nelle vene capivo che non sarei sopravvissuta, che non sareri mai diventata una di loro, perché lui avrebbe finito il lavoro molto prima.
Gridai: era quel dolore a far sembrare la prospettiva della morte così dolce? Il fuoco che si diffondeva dal mio collo, dove i suoi denti erano affondati, e che trapanava la testa, mozzandomi il respiro?
Sì, forse era quello. O forse no.
Probabilmente era anche perché sapevo che quando io non ci fossi stata più le persone che amavo sarebbero sopravvissute.
Per un secondo, ci fu solo il silenzio, come se tutto il mondo fosse sprofondato nell'oceano. Tutto era sospeso mentre le nuvole che fino a quel momento avevano reso il cielo opaco si diradarono, facendo cadere sul pavimento e tra i tavoli a terra un raggio di luce dorata.
La pelle del mio assassino si cosparse di scintillii e sul suo viso si aprì un sorriso come di dispiacere. Quindi, scoprendo i denti, mi attaccò.

<<bella, mi stai ascoltando?>> Girai appena la testa in direzione di mia madre, Renée, che attendeva ancora una risposta mentre osservava il semaforo farsi verde.
Stavo guardando la pioggia attraverso il finestrino: erano tre giorni che andava avanti così, e per la California era davvero un record. Nuvole, pioggia, lampi, tuoni e nebbia. Soprattutto nebbia. Che gioia per una che la pioggia non vorrebbe vederla mai.
<<si, mamma: è tutto a posto a scuola>> Aveva premuto la mano sul clackson per qualche secondo prima di guardarmi di nuovo, negli occhi un'ombra di irritazione. Non c'era niente da fare: l'assenza permanente di sole non giovava al suo umore. Sembrava una bambina che pesta i piedi.
<<e allora perché tutte quelle storie sul fatto che sei sempre sola, che ti isoli?>>
<<niente, ho deciso di scrivere un libro. Lo chiamerò "io, il lupo solitario". Sto facendo delle ricerche sul campo, dovresti esserne orgogliosa>> Sbuffò scocciata, cercando di infilarsi tra due auto in fila.
<<non è per... per me e Phil, vero?>> Sorrisi, posandole una mano sulla sua.
<<lo sai che credo sia a posto>>
<<e allora che cosa c'è?>> Per un attimo rimasi scioccata dalla sua reazione troppo energica, troppo autoritaria. Di solito, non si comportava così con me. Ancora una volta, però, aveva capitpo che qualcosa mi stesse tormentando. Ogni tanto detestavo la sua capacitò di capirmi così bene.
<<credo sia meglio che io vada a vivere da papà per un po'>> Sussurrai, colpevole, mentre la sentivo trattenere il respiro. Non avevo il coraggio sufficiente a guardarla negli occhi. Lei ridacchiò, scettica.
<<cos'è, ti stai affezionando al clima?>> Alzai gli occhi al cielo nel sentire quella domanda così sciocca. Pensava davvero che stessi scherzando?
<<parlo sul serio. Forks... è tanto che... non vado a trovarlo...>> Ora era scioccata. Certo, mai quanto lo ero io. Quelle parole sembravano pronunciate da una sconosciuta. Rimanemmo nel silenzio, senza guardarci, per parecchio tempo. A riempire il vuoto c'era solo lo scrosciare della pioggia all'esterno.
<<vuoi davvero... Bella, ne sei sicura?>> Il suo tono era amaro. Forse si stava colpevolizzando: sarebbe stato da lei.
<<sì>> Dissi, con il tono strozzato di una che crede davvero poco a quello che sta dicendo. La bugia sarebbe migliorata col tempo, ne ero sicura.
<<lo sai che non voglio fare la mamma impicciona con te, tesoro, ma... se c'è qualche problema, io...>>
<<okay, mamma. Ci sei. Lo so.Te lo dirò. Ora ho solo voglia di stare a Forks per qualche tempo. Che può succedermi laggiù? Il più grande pericolo di quel posto è la noia che potrebbe spingermi al suicidio>> Nel tempo che ci avevo messo per affrontare quell'argomento che ormai rimanda

da settimane, eravamo arrivati davanti alla mia scuola. Avevo già aperto la portiera e caricato lo zaino in spalla quando lei mi aveva preso un braccio e guardato negli occhi per un lungo momento. Ero un libro aperto per lei e mi stava solo leggendo. Vedevo come le pagine della mia vita si aprissero facilmente al suo sguardo attento, da mamma.
Mi sorrise prima che chiudessi lo sportello e le voltassi le spalle.
<<buona giornata, Bella>> Mi disse, con un tono malleabile.
Chissà se lo sarebbe stata davvero.

La classe era come al solito colma di adolescenti urlanti. E scontenti per il cattivo tempo. A quanto pareva quella pioggerellina fina e penetrante non aveva rovinato solo l'umore di Renée, ma anche i piani di qualche aspirante surfista. Mi chiesi se mi avrebbe mai perdonato per la mia decisione: andarmene era la cosa migliore che potessi fare.
Silenziosa, scivolai in direzione del mio banco e posai lo zaino a terra, sedendomi con poca grazia sulla sedia.
<<aio...>> Mormorai sotto voce quando la mano mi andò a sbattere contro un angolo smussato e tagliente del banco. Un rivoletto di sangue scese lungo il polso e distrattamente, quando tutti quanti già si accomodavano ai loro posti all'arrivo del professore, nascosi la ferita sotto la manica dell'unica giacca a vento che avevo, cercando di ignorare l'odore dolciastro del ferro che mi aleggiava attorno. Sentivo già la nausea.
I ragazzi, sebbene si fossero ormai accomodati alle loro sedie, non si erano calmati un gran ché neanche quando il professore li guardò uno per uno con aria severa, iniziando una filippica su come gli alunni di quei tempi avessero perso ogni rispetto per le persone più anziane, eccetera.
Avevo già spostato lo sguardo all'esterno, dove la pioggia si era fatta più fitta, insistente.
Benvenuti in California, pensai, mentre osservavo quelle gocce enormi scivolare sul vetro della finestra accanto a me, come lacrime.
La classe del professor Anderson, biologia, era situata al piano terra dell'istituto, perciò potevo vedere come la terra una volta secca si stesse riempiendo di sterpaglie di un insopportabile verde brillante.
Volevo il caldo e il rosso delle foglie essiccate, non quell'orribile spettacolo color vomito. Una ciocca di capelli bruni mi calò sul viso mentre riflettevo su quegli improvvisi e strani cambiamenti climatici. Non mi piacevano: il cattivo tempo mi faceva sentire tiste, malata.
Osservando la terra a pochi metri da me per la seconda volta, non vidi solamente il nero della terra inumidita e il verde accecante delle foglie d'ortica. C'era anche rosso. Come lo smalto che di tanto in tanto usava mia madre sulle sue unghie troppo lunghe in confronto alle mie. Come...
Qualcuno bussò alla porta della classe.
Il professore, che era appena riuscito ad imporre l'ordine, sbuffò, scocciato dall'ennesima interruzione e rispose con un "avanti" svogliato.
La donna delle pulizie aveva uno sguardo a dir poco traumatizzato mentre si dirigeva nella direzione della cattedra e sussurrava poche parole tremanti e biascicate. Era cinerea in volto e tremava come una foglia secca. Gli occhi vitrei erano assenti.
<<..angue... tanto... rto>> Furono le uniche sillabe che riuscii ad afferrare dal mio banco così lontano.
Il professore si alzò di scatto, sorpassando la porta in atteggiamento febbrile ed uscendo assieme alla donna.
Senza volerlo, avevo spostato di nuovo lo sguardo, concentrandomi sulla macchia rossa che cospargeva le piante e si rilasciava, grazie alla pioggia insistente, sulle piastrelle bianche che facevano da limitare con il giardinetto esterno.
Sangue.
Il mio cervello ci mise un po' ad elaborare tutto quello che successe allora e la prima sensazione che avvertii fu quella di un cerchio in testa, dello smarrimento successivo al senso di nausea.
Poi ci furono le urla degli altri quando il professore rotolò inerme e probabilmente senza vita all'interno dell'aula, andando a sbattere come un missile contro la parete dietro la cattedra. Il muro si era sgretolato all'impatto, lasciando una profonda voragine.
Tutti si alzarono per fuggire in direzione delle porte, ma l'ingresso di qualcuno impedì loro la fuga.
Fino a quel momento non avevo mai conosciuto la sensazione che si ha quando si incontra il proprio nemico mortale. In quel momento, mentre tutti gli altri si alzavano piangendo e gridando, mentre io rimanevo ferma a sedere, in attesa del prossimo atto, non sapevo quello che sarebbe accaduto, né che cosa la comparsa di quegli strani individui raccolti nelle singolari mantelle nere significasse.
Guardai il professore disteso a terra, gli arti piegati in strane ed innaturali articolazioni: la gola era squarciata, ma non c'era sangue, né sul pavimento attorno a lui, né, da quanto potevo vedere, nel corridoio.
Quel giorno, erano solo in tre. Incredibilmente aggraziati, si tolsero i cappucci dal viso per rivelare aspetti incredibilmente poco ordinari. Da modelli ed attori.
Uno era grosso, l'aria truce eppure colma di fascino; l'altro sembrava più vecchio ed annoiato. L'ultima, quella su cui il mio sguardo esitò più a lungo, era una bambina di poco più di dieci anni dalle fattezze angeliche ed aveva la bocca sporca. Sapevo di cosa, ma ammetterlo sarebbe stato come dichiararsi impazziti.
Tutti e tre, sebbene l'età, emanavano qualcosa... un'esperienza, una maturità e un fascino che nessun essere umano poteva avere.
Sotto le sopracciglia che sembravano disegnate, gli occhi dei tre rilicevano di una luce maliziosa, sicura. Ognuno dei loro sguardi brillava di un rosso porpora.
La sensazione che si ha nell'incontrare il proprio nemico mortale in fondo è semplice da comprendere: è come sprofondare in un lago in pieno inverno, come essere gettato in una vasca di acqua fredda.
C'è solo lo smarrimento e il gelo.
 
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sharon95
CAT_IMG Posted on 16/2/2010, 12:50




bellaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa mi piace tantiximoooooooooooooooooooooooooooooooooo
 
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;sunflower
CAT_IMG Posted on 18/2/2010, 19:50




La fanfiction è sprovvista del modulo presente all’interno della Guida alla pubblicazione; si invita quindi l'autore a specificare nel primo post Rating, Genere, Personaggi e Note.
 
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2 replies since 30/7/2009, 21:02   139 views
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