Sapete una cosa, dovrei farvi attendere di più tra un capitolo e l'altro, creare la suspance. ma proprio non ce la faccio.
Quindi avanti con il prossimo. Ecco a voi.
Buona Lettura:
CAPITOLO 6
RICORDI
Entrai nella grotta all’alba, fu come essere rinchiusa in una cella buia appena dopo aver rivisto il sole. Mi risistemai nel mio angolino abbracciando le ginocchia. Ero ancora sconvolta dall’immagine che avevo visto riflessa nel fiume. Due occhi rossi, gli occhi di un mostro. Jacob mi aveva seguita nella grotta, ma non era solo, con lui c’era anche Sam in forma umana. Era così alto che quasi toccava con la testa il soffitto della caverna, la pelle bronzea, i capelli corti, i tendini delle braccia tesi in un evidente sforzo di autocontrollo, quello era l’unico particolare che tradiva la calma e la serenità stampati sul suo volto. Portava un paio di pantaloni sbrindellati e aveva il torso nudo proprio come Jacob. Possibile che soffrissero tutti il caldo?
Si fermò a due metri da me e mi osservò dall’alto della sua stazza. Jacob era alla sua destra fermo ma tradiva inquietudine, continuava a non rivolgermi lo sguardo. Perché?
«Bella» cominciò Sam, la voce profonda, ma dura, non era la stessa voce che sentì la notte in cui mi trovò nella foresta. «Sai che non puoi restare qui?»
Certo che lo sapevo. L’avevo intuito dal comportamento che avevano nei miei confronti e in quelli del mio unico protettore Jacob.
«Certo Sam non sono stupida. Avevo capito che non gradite la mia presenza»
«Bene. Volevo sapere cosa hai intenzione di fare da adesso in poi?» mi chiese scrutandomi. La voce non perdeva il tono serio e minaccioso «Non puoi tornare da Charlie lo sai?»
Certo sapevo anche questo. Ero pericolosa per lui eppure pensa di non poter più rivedere mio padre e mia madre fu come accoltellarmi il cuore. Risposi con un cenno della testa.
«Cosa farai allora?» proseguì duro.
«I Cullen» risposi. Sam guardò Jacob e storse il naso emettendo un ringhio umano. «Verranno a prendermi» continuai monocorde.
«Come hai fatto ad avvertire i Cullen della tua situazione?» s’informò Sam adirato la rabbia e il disgusto più totale nella voce.
Loro non sapevano dei poteri speciali di Alice
«Non li ho avvertiti, ma sono sicura che sappiano già cosa mi è successo»
Erano confusi entrambi, Sam cominciava a perdere colpi, anche la faccia lo stava tradendo oltre alle braccia. «Alice» continuai paziente «la più giovane dei Cullen è una veggente, sicuramente mi avrà vista in una visione. A quest’ora saranno già sulla strada per Forks per venirmi a prendere» continuai. Dall’esterno sentì i ringhi sommessi dei lupi.
«Poteri speciali» sbottò Sam strofinandosi un pugno.
«Ne sei sicura?» mi domandò Jacob. Sembrava ancora più agitato di prima. Scossi la testa.
«Quanto pensi che ci metteranno per arrivare?» chiese Sam circospetto. Alzai le spalle, non avevo alcuna idea di dove fossero. Per quanto ne sapevo potevano essere dall’altro lato del mondo oppure dietro l’angolo. Quanto tempo avrebbero impiegato per raggiungermi?
«Non lo so» confessai. «Non ho idea di dove siano in questo momento»
«Bene terremo gli occhi aperti» continuò. «Li porteremo qui appena arriveranno. Ma poi ve ne andrete lontani da Forks. Siamo intesi?»
Non lo ascoltai più. Mi immaginai con chiarezza quel momento. Sarei corsa tra le braccia di Edward e lui cosa avrebbe fatto? Mi avrebbe accolta oppure mi avrebbe allontanata? Cercai di figurarmi il volto di Edward dolce e felice di rivedermi ma nulla. Non riuscivo proprio a ricordarmi nitidamente i suoi lineamenti, erano sfocati.
“Non preoccuparti. Sei un essere umano… la tua memoria è poco più che un colino”
Colino ecco cosa era diventata la mia mente. Stavo perdendo tutti i miei ricordi umani, ma come era possibile? Mi aveva detto che la memoria dei vampiri era infallibile allora perché non ricordavo il volto di Edward e nemmeno quello di Alice, ne quello di Carlisle ne Esme tantomeno Emmett, Jasper e Rosalie? Li vedevo tutti sfocati e indefiniti. Facevo fatica a metterli a fuoco, e ricordavo ancora peggio le conversazioni.
Mi stava accadendo quello che avevo temuto più di qualsiasi altra cosa, quello contro cui avevo lottato fin dalla prima sera. Stavo dimenticando.
«Okay» risposi alla domanda che aveva fatto Sam. «Resterò nella caverna» la mia mente aveva seguito la conversazione tra Sam e me. Mi aveva chiesto di restare li e non uscire per nulla al mondo.
«Jacob penso che tu dovresti tornare a La Push con me» continuò Sam rivolto al ragazzo.
«Ma Sam non credi che…» cercò di protestare
«Jake è un… vampiro» quasi si strozzò pronunciando l’ultima parola, era così difficile dire Vampiro? «Se la saprà cavare. Ora l’importante è tenere all’oscuro del nostro segreto Charlie,ed è difficile visto che continua ad assillare Billy in attesa di tue notizie»
Charlie assillava Billy sperando di avere notizie su di me e Jacob i due fuggiaschi. Jake mi guardò preoccupato.
«Tranquillo Jake starò bene, Sam ha ragione devi tornare a casa e mettere al sicuro Charlie. Cerca di farlo…» rassegnare era la parola perfetta, ma fu difficile da dire. «… tranquillizzare poi ritorna. Io me la caverò»
«Poi ci saranno sempre due di noi a tenerla d’occhio» continuò minaccioso Sam. Eravamo due contro uno, sospirò rassegnato abbassando le spalle. Non mi preoccupavo più di tanto per Charlie ormai era inevitabile la nostra separazione, ero concentrata sui miei ricordi che stavano andando persi. Mi misi a tormentare il labbro tra i denti, perché non riuscivo più a ricordare? Edward mi aveva detto che con il tempo la memoria umana di un vampiro si perde, ma non credevo che il processo fosse così veloce.
«Bella» Jacob era ancora nella grotta mi stava fissando. «Sei ansiosa? Se vuoi resto» mi disse tranquillo. Gli sorrisi Jacob sarebbe rimasto l’unico in grado di leggermi fin nel profondo con una sola occhiata.
«No. Tutto bene. Va Jake e saluta Billy…» il padre di Jacob sapeva quello che ero diventata? Oppure era all’oscuro di tutto proprio come Charlie?.
«Vado allora.» riprese il ragazzo lanciandomi un ultimo sguardo e uscendo dalla caverna.
Rimasi immobile nel mio angolino. L’immobilità non mi dava fastidio anzi la sentivo del tutto normale e concentrai la gran parte della mia mente nel tentativo di recuperare immagini e dialoghi della mia vita umana. Percepì chiaramente la presenza di due licantropi fuori dalla caverna, ma non me ne preoccupai più di tanto, Edward era la mia preoccupazione principale e con lui tutti gli altri Cullen. Non riuscivo a focalizzarli, era snervante, mi concentrai sulle conversazioni. I primi momenti che avevo trascorso con Edward divennero il mio obbiettivo primario. Riuscì a recuperare spezzoni della nostra prima conversazione durante l’ora di biologia, e tutto quello che mi disse prima di andarsene per sempre. Quell’ultimo momento era l’unico marchiato nitidamente nella mia testa e accompagnato da sensazioni e sentimenti. Gli altri li ricordavo come vaghi sogni, senza senso. Perché? Perché il ricordo della mia vita umana con Edward era ricoperto da un velo di finzione? Come se in realtà non fosse esistita realmente? Edward era reale oppure era il frutto di una mia fantasia, e Alice, Carlisle, Esme, Emmett, Jasper e Rosalie anche loro erano reali? Era vero quello che provavo per Edward oppure anche quello era un’altra delle mie fantasie? Dovevo fare qualcosa. La mia memoria mi stava scivolando via come sabbia tra le mani, dovevo provocare dei ricordi ma come? Creare le allucinazioni della voce di Edward era stato facile ma pericoloso e la mia trasformazione ne era la prova lampante, ma come potevo provocare i ricordi? La casa. Casa Cullen sicuramente era piena di ricordi legati a noi due, e alla sua famiglia. Dovevo rivederla e dovevo ritornare anche alla radura. Appena sarebbe ritornato Jacob gli avrei chiesto ti accompagnarmi a casa Cullen e alla radura.
Mi ridestai dal mio stato di immobilità quando percepì dei movimenti provenire da fuori la grotta e l’odore di Jacob schiantarsi contro di me. Era tornato.
«Jacob» lo salutai entusiasta di rivederlo.
«Bella» ricambiò il saluto ma non nello stesso modo. Era addolorato e più vecchio, sembrava che dovesse cadere in una crisi emotiva da un momento all’altro.
«Cosa è successo?» domandai pensando al peggio. Era successo qualcosa a Charlie?
«Charlie» rispose confermando le mie teorie. Mi bloccai sul posto come una statua di marmo. «Non riesco a vederlo in quello stato. Sembra delirare, non si da pace e da quando mi ha rivisto è peggiorato. Caduto in catatonia almeno così ha detto il dottore. Billy e Sam sono con lui ora, non lo lasciano mai. Anche Reneè è a pezzi. Ma per fortuna con lei c’è Phil. Sono tutti distrutti» la voce si spezzò sull’ultima parola. Dalla mia gola uscì un singhiozzo e sentì gli occhi strani e asciutti e cercavo inutilmente di togliermi quel fastidio sbattendo le palpebre. L’aria mi rimase impigliata in gola, volevo scoppiare in lacrime, ma dai miei occhi non sgorgò nulla. Mi passai la mano sugli occhi, ero sicura di star piangendo, ma nulla, la mano era asciutta. Non riuscivo a piangere. Non ero più in grado di piangere.
«Jake» lo chiamai con la voce rotta dal pianto invisibile. Lui mi guardò spaurito dall’espressione che doveva essere disegnata sul mio volto. «Guardami Jacob. Non riesco più a piangere. Non verso più lacrime» non riuscì più a trattenermi scoppiai in gemiti asciutti.
Con mia grande sorpresa Jacob si avvicinò a me e mi cinse le spalle con un braccio. Era bollente, ma non ci badai, la nuova condizione in cui mi trovavo occupava tutto lo spazio della mia mente.
«Bella sta tranquilla. Vedrai che tutto si sistemerà per il meglio. Charlie e Reneè sono due persone forti. Continueranno a lottare per andare avanti e io starò con loro. Ti prometto che mi prenderò cura di loro al posto tuo» mai parole furono più confortanti. Jacob nonostante la mia natura avversa per lui continuava ad essermi vicino.
«Oh Jacob grazie. Grazie mille» risposi tra i singhiozzi.
«Perché non dormi? Ti sentirai meglio»
«Non dormiamo. Non ne sentiamo il bisogno» dissi cercando di controllare i singulti.
«Mai?»
«No mai» Jacob sciolse l’abbraccio. Aveva la pelle d’oca per il contatto prolungato con il mio corpo ghiacciato. Ebbe un brivido. «Jake sei così bollente. Sembri una fiamma vivente. Non avrai la febbre forse?» domandai cercando di calmare gli spasmi della mia voce. Lui scoppiò a ridere.
Confusione. Io era preoccupata per lui e invece mi rideva in faccia.
«Perché ridi?» sbottai accigliata.
«Cose da lupi» rispose tra le risa. «Ho una temperatura corporea che varia dai quarantatre ai quarantaquattro gradi. Non sento più il freddo a parte il freddo emanato dai vampiri»
«Wow» non sapevo cosa rispondere.
«Senti Bella. Questa mattina hai detto che una dei Cullen è una veggente. È vero?» scoppiava di curiosità, gli traboccava dagli occhi.
«Sì. Alice riesce a vedere le conseguenze delle azioni intraprese degli uomini e dai vampiri» uno stralcio di conversazione tra me e Jasper durante la fuga per salvarmi da James, riapparve nella mia mente.
«Quindi la storia dei poteri speciali è vera» disse tra se. Si immerse nei suoi pensieri per un minuto buono, poi mi guardò intensamente. «Qualcun altro aveva poteri speciali?» sorrisi a tanta curiosità ma rispondere sarebbe stato un bene? Non erano forse nemici dei vampiri? Poi osservai Jacob. Non erano nemici, Jake era mio amico.
«Be’ Jasper riusciva a manipolare le emozioni, calmare o eccitare qualcuno. Era forte! Edward invece, leggeva i pensieri» conclusi malinconica ripensando alle inutili immagini a cui li associavo.
«Leggeva i pensieri?» domandò irritato. Sorrisi era buffo guardarlo.
«Sì»
«Tu che potere hai?» domandò osservandomi con molta più curiosità. Non ci avevo pensato fino a quel momento. Io non avevo alcun potere, ero normale, un ordinaria vampira. Scrollai le spalle.
«Non ho alcun super potere purtroppo» niente vista a raggi X o saette che uscivano dalle mani, nulla di nulla.
«Peccato. Sarebbe stato forte»
«Già» ero delusa. Credevo di essere diversa invece mi ritrovavo una normalissima vampira.
«Mi dici una cosa?» domandò. Acconsentì con un cenno della testa. «La radura in cui ti ha trovato quel succhiasangue… era quella che stavi cercando?».
Abbassai lo sguardo per terra. «Sì» sussurrai.
«Perché era così importante?» cosa gli avrei dovuto rispondere. Non volevo dimenticare Edward e stavo facendo di tutto per riuscire a rievocare un debole eco della sua voce e che anche le moto erano un pretesto che servivano a quello scopo?
«Quel luogo mi ricordava Edward. È stato lì che siamo andati al nostro primo appuntamento. Era importante» risposi senza guardarlo.
«Non hai mai tentato di dimenticarlo vero?» scossi la testa.
«Non potevo dimenticarlo, lui era tutta la mia vita, e lo è ancora. Sopravvivo soltanto perché so che lui è vivo ed è su questo pianeta, in questo mondo. Non volevo dimenticarlo, non dovevo. Ma ormai è inutile. Tutto è andato perso. Ora come ora ho persino dimenticato come è fatto il suo volto. Credevo che quella fosse l’unica cosa sicura di tutta la mia vita, invece…»
«Come mai?»
Strinsi le spalle. Non conoscevo la natura vampira. Carlisle sicuramente mi avrebbe saputo dare delle risposte, ma lui non c’era ero sola con un licantropo.
«Ho perso gran parte della memoria umana. Mi avevano detto che col tempo, i decenni … si tende a perdere alcuni ricordi, ma io dal giorno della mia trasformazione fino ad oggi ho dimenticato quasi tutti i miei ricordi con Edward e con i Cullen»
«Mi dispiace» rimanemmo in silenzio per un po’. Ognuno perso tra i propri pensieri «Casa farai ora?»
Cosa farò ora? Già bella domanda. Cosa avrei fatto?
«Volevo chiederti un favore riguardante i miei ricordi. Potresti accompagnarmi a casa dei Cullen? Sono certa che lì ricorderò qualcosa» mi guardò come se stessi farneticando.
«Andare a casa Cullen? Sei impazzita?»
Sì avevo indovinato.
«Entrare nel loro territorio… se arrivano e mi trovano lì finisco male» sbottò alzando la voce.
«Starai con me. Non correrai pericoli te lo giuro. Non ti attaccheranno» lo supplicai. «Hai sentito cosa ha detto Sam, non posso uscire per nessun motivo al mondo. Ma se uno di voi» tu sottolineai nella mia mente «mi accompagna non dirà nulla. Ti prego Jacob è importante per me» cercai di utilizzare il più abbagliante degli sguardi. Ricordai che Edward riusciva ad ottenere quello che voleva quando lo utilizzava con me. Il respiro di Jacob allargò le pupille degli occhi, e cominciò a fare respiri veloci e brevi, mentre il cuore pompava più velocemente. Ero riuscita ad abbagliarlo?
«Va bene, ma faremo in fretta. Non mi piace l’idea di essere beccato nel loro territorio» gli feci un enorme sorriso e scattai in piedi.
«Jacob Black sei il migliore dei migliori amici che si possano avere»
«Certo, certo» acconsentì.
Uscimmo dalla grotta. Possibile che fosse già passata un giorno dall’ultima notte? Tutto taceva. Era una notte nuvolosa, carica di pioggia, sentì dei tuoni in lontananza, un temporale in avvicinamento. Come un flashback mi ritornò alla mente qualche immagine della partita di baseball. Sarei andata anche li se riuscivo a ritrovare il luogo.
Jacob mi affiancò in forma animale, guaì verso i due lupi di guardia alla grotta e si incamminò nella foresta con me al suo fianco.
«Jake ricordi che abbiamo ancora una scommessa in palio» il lupo rossiccio tossì una risata. Se ne era ricordato. «Al mio tre?» proposi. Si fermò.
«Fino a casa Cullen. D’accordo?» alzò gli occhi al cielo. «Okay. Uno» Jacob ringhiò qualcosa. Doveva essere il suo due.
«Tre» urlai scattando in avanti e cominciando a correre.
Fu spettacolare, volavo sul terreno morbido come velluto e il vento caldo sulla mia pelle scompigliava i capelli.
Corsi beandomi della mia nuova condizione. Jacob mi stava dietro senza difficoltà. Sfrecciammo come fulmini per la foresta scansando rami e scavalcando cespugli. Non rallentai e non cedetti il passo a Jacob, fino a quando non saltai per quaranta metri superando il fiume; dopo di che mi bloccai.
Eravamo arrivati. Davanti a noi nella notte buia si stagliava la grande casa bianca. Silenziosa e imponente proprio come l’avevo vista l’ultima volta che ero stata li quando ancora ero umana. La nostalgia mi assalì all’istante. Cosa avrei trovato li dentro? Polvere, mobili ricoperti di lenzuola bianche, il degrado causato dall’abbandono.
Jacob mi si avvicinò e guai.
«Tutto okay» lo rassicurai incamminandomi nel prato immerso dalle felci selvatiche. Arrivai al porticato, salì i gradini e mi fermai davanti alla porta. Polvere ecco cosa sentivo nell’aria. Polvere e lievi sentori di profumi più dolci che non riuscivo a raffrontare talmente erano leggeri. Dovevano essere gli odori dei Cullen, ma erano troppo lievi e impercettibili, segno che ormai da tempo nessuno di loro era ritornato. Mi girai verso il licantropo che mi accompagnava, era rimasto sulla sponda del fiume.
«Jake» lo chiamai. «Vieni non c’è nessuno» guai nuovamente alzò gli occhi al cielo ma mi raggiunse. «Grazie. Avrò bisogno di te» gli disse riconoscente.
Misi la mano sulla porta. Era aperta. Entrai nell’enorme salone. Tutto era silenzioso e l’odore di abbandono era ancora più forte. Mi guardai attorno, c’erano tutti i mobili, il televisore al plasma, i divani candidi, le suppellettili e persino i fiori nei vasi. Fiori che erano ormai appassiti segno che erano partiti in gran fretta. La mia vista si soffermò sullo splendido pianoforte a coda bianco posizionato sul rialzo accanto alla porta. Mi avvicinai era ricoperto di polvere come tutto nella casa. Non veniva usato da parecchio tempo. Suonai uno dei tasti d’avorio e il suono di propagò lugubre per tutta la casa, poi di nuovo il silenzio. Un sentore famigliare accompagnò quella nota. Era una canzoncina dolce, la mia ninna nanna, ma non riuscivo a ricordarla tutta. Era come se il disco della mia memoria che conteneva quella dolce melodia fosse graffiato e la puntina saltasse in continuazione. Non riuscì a ricordare che poche battute. Non sentivo quella melodia da tempo ormai. L’ultima volta era stato la sera del mio diciottesimo compleanno. L’inizio della fine. Salirono a galla tutti i ricordi riguardante quel giorno. L’attacco di Jasper, i regali ricevuti, la disastrosa conclusione, poi l’unica cosa che realmente ricordavo nitidamente come nessun’altra memoria. Le sue ultime parole. Ne avevo un ricordo più vivido. Perché?
Andai nella sala da pranzo. Osservai il tavolo. C’era qualcosa che mi sfuggiva in quella stanza, era logorante sentirla incombere ai margini della memoria ma non esserne in grado di afferrarla. Lasciai infastidita la stanza, ogni cosa in quella casa rievocava vaghe memorie ma nessuna di quelle erano chiare. Jacob mi seguì silenzioso per tutta la casa. Mi fermai al secondo piano ed entrai dentro quella che all’epoca doveva essere uno studio. Forse.
Diedi un’occhiata alla stanza e mi soffermai sulla collezione di quadri appesi alla parete. Risentì nella mia mente stralci di una storia, era quella di Carlisle. La voce che la raccontava non era altro che un lieve sussurro. Mi soffermai sul quadro più grande e colorato. Fu un lampo.
“Aro Caius e Marcus, i protettori delle arti.” Poi non senti nient’altro.
Arrivai al terzo piano, nella vecchia camera di Edward. Lo sapevo, di questo ero certa, non ne avevo dubbi. Anche li l’abbandono la faceva da padrone. L’impianto stereo era ancora li, ma i Cd erano spariti. Gli scaffali che in passato erano colmi di dischi ora erano vuoti.
Non stavo ricordando, nulla in quella casa mi sboccava la mente, stavo solo soffrendo e rimpiangendo di essere ritornata li. Ogni brandello che riaffiorava dall’oceano del passato era una pugnalata inflitta al mio cuore silenzioso. Ogni dolore che avevo provato da umana lo sentivo amplificato al massimo in quel nuovo corpo. Era un bene che il mio cuore avesse smesso di battere perché probabilmente non avrebbe resistito a quella prova. Sarei morta di crepacuore.
Restare li dentro divenne insopportabile, ricordare divenne ancora più difficile, le uniche cose che riempivano la mia mente erano le sue ultime parole.
“Addio Bella”
Ma quello non era un addio. Presto l’avrei rivisto fu solo quel pensiero che mi permise di non desistere nella ricerca dei miei ricordi. Sapevo che se anche ora soffrivo, ne sarebbe valsa la pena e a quel punto avremmo ricordato insieme. Mi avrebbe aiutata a recuperare il passato.
«Andiamo Jake, da questa casa ho ottenuto tutto quello che potevo. Ora devo andare in un altro posto» dissi a Jacob che paziente mi seguiva come un’ombra. Uscimmo dalla casa e mi lasciai alle spalle la dimora, diretta dove era nato il mio amore.